PESCARA. Il segretario della Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, non si dà pace: «Assurdo». Perché è successo ancora, nello stesso posto, a distanza di appena tre anni. Altri tre padri di famiglia sono morti lasciando le famiglie distrutte a piangere un’assenza che nessuno potrà colmare. E Ranieri ripete: «È assurdo che uno stabilimento industriale catalogato “ad alto rischio” secondo la Direttiva Europea Seveso (e dunque soggetto a severi controlli da parte delle istituzioni) possa registrare due incidenti mortali plurimi a meno di tre anni di distanza l’uno dall’altro e dopo che, sul primo incidente, sono state ipotizzate accuse di omicidio colposo plurimo aggravato perché commesso con la violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro». Ranieri invoca verità anche se ormai i nomi di altre tre persone allungano il bollettino dei morti sul lavoro: «Si accertino subito le responsabilità di questa ennesima strage che si poteva e che si doveva evitare», dice Ranieri. Qualcuno, lascia intendere la Cgil, poteva e doveva fare qualcosa.
«SI LAVORA PER IL PANE» Anche Emilio Di Cola, segretario provinciale della Filctem Cgil Chieti, è sconvolto dal dolore perché ieri è stato come tornare indietro a tre anni fa quando una deflagrazione aveva provocato un identico bilancio di tre morti: «Io non ho parole perché ho già vissuto questa bruttissima esperienza». Tre anni passati invano. «Devo prendere atto che a distanza di tre anni, con un’azienda che ha ricominciato a lavorare da un anno, ci troviamo di fronte ancora a lavoratori che hanno perso la vita: non è accettabile perché si va al lavoro per riportare la pagnotta e non per tornare dentro la bara». E Di Cola aggiunge: «È inaccettabile che ancora nel 2023, soprattutto in un’azienda in cui già tre anni fa c’è stato un incidente, si continui a parlare di morti». «Si continua a morire di lavoro: è inaccettabile, inconcepibile», commenta Franco Spina, segretario Cgil Chieti, che dopo il disastro chiede fatti e non più parole: «Occorre passare dalle mere buone intenzioni ad azioni efficaci e interventi coordinati dalle istituzioni. Ribadiamo con fermezza la necessità di porre in campo tutte le azioni utili per arrivare al rischio zero infortuni. Non parliamo soltanto di investimenti economici, parliamo», dice Spina, «anche di cultura della sicurezza che significa formazione continua. Bisogna intensificare i controlli per quei settori e aziende che, per loro natura, hanno un più elevato rischio o che abbiano avuto in passato eventi infortunistici di rilievo».
«DENUNCIA NON BASTA» Una strage sul lavoro che indigna. I sindacati, sempre i primi a chiedere investimenti e tutele contro gli incidenti sul lavoro, masticano rabbia e dolore e anche stavolta lanciano l’allarme e invocano un cambio di passo: «È una strage infinita», afferma il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, «il nostro cordoglio doveroso e la denuncia non bastano». E Sbarra richiama le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il monito «Lavorare non è morire» pronunciato proprio il giorno prima dell’esplosione di Casalbordino: «Occorre una svolta per fermare questa lunga scia di sangue che indigna tutti. L’ha detto anche Mattarella». «Chiediamo che si faccia rapidamente luce sulla dinamica di questa terribile sciagura, che colpisce tutti noi», dice Giovanni Notaro, segretario generale della Cisl Abruzzo Molise, «dall’inizio dell’anno stiamo registrando in Abruzzo una pericolosa impennata degli incidenti, con troppi casi mortali. È ora di dire basta alle tragedie sul lavoro e dobbiamo fare un ulteriore sforzo sul fronte della sicurezza, per garantire e tutelare i lavoratori. Anche il presidente Mattarella ha denunciato che non stiamo facendo abbastanza per evitare morti sul lavoro». Notaro propone: «Servono più controlli, ispettori, informazione e formazione, investimenti nella prevenzione. È un’emergenza sociale del Paese e dell’Abruzzo a cui, responsabilmente, dobbiamo dare risposte alle famiglie perché “lavorare non è morire” e le vittime di ieri ci dimostrano che il problema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non è solo questione legislativa, ma culturale ed economica».
«OMICIDIO SUL LAVORO» La Uil e l’Usb chiedono di istituire il reato di omicidio sul lavoro: «L’ennesima strage sul lavoro si è compiuta. La seconda, peraltro, nella stessa azienda nell’arco degli ultimi tre anni. Non è più giustificabile questo continuo quotidiano macabro rituale dei lavoratori che muoiono andando al lavoro». Sono le parole del segretario Uil Abruzzo Michele Lombardo, «è ora che le istituzioni di tutti i livelli prendano atto che non può continuare così ed è giunto il momento di istituire per legge il reato di omicidio sul lavoro. Questo sarà per noi un impegno costante e quotidiano a tutti i livelli per far cessare una volta per tutte questa vergogna in un Paese che si continua a considerare civile e industrializzato».
«BASTA STRAGI» «Bisogna fermare questa strage», dicono in nota congiunta il segretario regionale Ugl Abruzzo, Gianna De Amicis, e il segretario Utg Chieti, Armando Foschi, «bisogna rafforzare i controlli, puntando su riforme urgenti come il coordinamento delle banche dati. Ancora più impellente è, però, la promozione di una vera e propria cultura della sicurezza sul lavoro, sia per le aziende che per i lavoratori stessi. Addestramento e formazione sulla sicurezza devono essere ampliati a partire dalle scuole secondarie al fine di rafforzare la prevenzione».
«LA POLITICA AGISCA» L’Usb annuncia che chiederà «formalmente» al prefetto di Chieti, Mario Della Cioppa, «una convocazione immediata e l’istituzione di una commissione permanente sulla sicurezza che abbia interlocuzioni con la politica che ha il dovere di agire di fronte a questa mattanza. Se i lavoratori muoiono il minimo è che i responsabili vadano in galera». (p.l.)