La rarefazione degli sportelli bancari nel nostro territorio ha assunto una portata drammatica, come già anticipato dall’ultimo report di Banca d’Italia: 55 sportelli bancari definitivamente chiusi in 5 anni, pari al 24,9% del totale, una perdita di 133 posti di lavoro pari al 12,4% passati da 1.074 a 941,un tasso di concessione del credito di gran lunga inferiore a quello relativo alla raccolta di risparmio che determina uno sproporzionale delta negativo con conseguenza di una scarsa concessione del credito è il bilancio del cosiddetto processo di desertificazione bancaria nel quinquennio passato e confermato anche da un report dell’Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil. E la contrazione, purtroppo, si è confermata anche per gli inizi del 2024.
Sotto il profilo dimensionale, il 54% degli sportelli chiusi su base nazionale appartengono a banche di maggiori dimensioni, le quote riconducibili alle banche di credito cooperativo e alle banche popolari sono pari, rispettivamente, al 20% e al 3%. Ad affermarlo in una nota è Bruno Lorenzo, segretario della Fisac Cgil Basilicata.

Per quanto riguarda l’occupazione-aggiunge Lorenzo- si accentua ulteriormente la tendenza alla concentrazione dei dipendenti nei territori dove insistono le direzioni generali dei gruppi più grandi. Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, luoghi dove hanno sede principale cinque dei sei maggiori gruppi bancari, sono le prime tre regioni per numero di addetti. Si tratta del sintomo di un problema da ricercare nella sempre minore attenzione delle banche al nostro territorio.

Dove chiudono le banche la conseguenza è un danno crescente nello sviluppo delle piccole e medie imprese ed un impoverimento della clientela privata che vede diminuire la possibilità di ricorso al credito. Leggiamo delle interessanti linee di tendenza in questi dati che confermano quanto da tempo sosteniamo: l’innovazione tecnologica, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, devono fondarsi sul lavoro. Presenza sul territorio, prossimità alla clientela, competenze specifiche e non standardizzate, sono punti insostituibili. Lo dimostrano anche le strategie di alcuni colossi bancari americani, che si reinsediano nei territori per sostenere l’economia. Il contratto nazionale ci dà uno strumento unico per accompagnare il settore bancario nel futuro, nella consapevolezza che la sua forza è nel lavoro e nel presidio fisico del territorio. È ora di agire perché il futuro sia fondato nel lavoro- conclude il segretario della Fisac Cgil.