PESCARA. Diventa definitiva la condanna a tre anni di reclusione inflitta dalla Corte d’Appello dell’Aquila (che nell’ottobre del 2023 confermò la sentenza di primo grado del tribunale di Pescara) a Massimiliano Pincione, ex presidente della Pescara Calcio, accusato di aver distratto 190mila euro dal crac da 15 milioni di euro della società calcistica (in discussione erano i fatti antecedenti al fallimento decretato dal tribunale nel 2008). I giudici della Corte di Cassazione hanno infatti dichiarato inammissibile il ricorso di Pincione riguardo a tutti i punti esplicitati dalla difesa dell’imputato.
In primo luogo in riferimento alla «doppia conforme» sulla responsabilità, nel quale le sentenze di merito si integrano vicendevolmente e costituiscono unico corpo argomentativo dal quale la Corte può indifferentemente attingere; con proposizioni congrue e comunque non illogiche sono stati valutati come indimostrati gli addotti apporti di liquidità, che si assumono eseguiti dal ricorrente nel corso dell’attività della fallita, in considerazione dell’«assenza di ogni riscontro in tal senso nella contabilità sociale», e della complessiva genericità delle informazioni testimoniali acquisite in fase dibattimentale, «certamente non idonee a ritenere provata, in fatto, tale circostanza»; e del tutto privo di sostegno probatorio il preteso rapporto di consulenza tra la società estera che avrebbe dovuto eseguire una ricerca di mercato in vista di finanziamenti da assicurare alla società fallita».
Il procuratore generale della Corte di Cassazione, il giudice Paola Filippi, boccia quindi in toto il ricorso, sostenendo la perfetta legittimità delle decisioni dei primi due gradi di giudizio. Pincione era accusato di aver distratto quei 190mila euro: vicenda che aveva portato sotto processo anche i vertici dell’ex Cassa di Risparmio di Pescara, poi assolti con il rito abbreviato, e Gerardo e Francesco Soglia (presidente e vice della società condannati in primo grado a due anni ciascuno, reato poi prescritto in appello). Ribadendo che il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova rimane «devoluto insindacabilmente ai giudici di merito», i giudici romani aggiungono che le deduzioni del ricorrente impattano «sull’ineluttabile veto che promana da tale principi e non si confrontano con la consistenza delle argomentazioni delle sentenze del duplice grado di merito, con particolare riferimento al rilievo, preminente e decisivo, dell’inesistenza delle registrazioni contabili atte a convalidare obbiettivamente gli assunti difensivi, plausibilmente e logicamente non sostituibili da corrispondenza tardivamente allegata, da verbali di assemblea che non consentono la tracciabilità delle operazioni finanziarie e da dichiarazioni testimoniali, vagliate peraltro come imprecise e di contenuto non conducente».
Per la Corte di Cassazione, il dirottamento di quei 190mila euro dai conti correnti dell’impresa sulla società Camilla Ltd di diritto inglese, «anche a voler accedere alla tesi difensiva dell’avvenuta, pregressa ed indiretta iniezione di denaro, da parte dell’imputato, nelle casse della fallita, non può costituire, in radice, una forma di restituzione di risorse erogate a titolo di finanziamento del socio».
Pincione, nel giugno del 2007, quale presidente della società calcistica, vantava un credito nei confronti della Lega Calcio di 200mila euro e, in data 29 giugno 2007, dette disposizione alla Lega di effettuare il pagamento su un conto della Pescara Calcio, disponendo poi, il successivo 11 luglio 2007, il bonifico della somma di 190mila euro in favore della società Camilla di cui lo stesso Pincione aveva l’autorizzazione ad operare sul conto. «Le sentenze di merito», concludono gli Ermellini, «con declinazione razionale ed appagante, hanno concordemente messo in rilievo un profilo fondamentale e non superabile della vicenda, ovvero l’accertata non rispondenza della ricostruzione difensiva alle evidenze contabili, la cui funzione è proprio quella di dar conto, in un quadro sintonico e simmetrico, delle operazioni economiche svolte dall’impresa».
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