L’aula esulta mentre le speranze di chi lotta per sopravvivere da Eboli in giù rotolano nell’abisso meridionale. L’autonomia differenziata è diventata legge in una notte carica di tensioni. Una notte riempita da aliti di secessionismo che spianano la strada a disparità e disuguaglianze ancora più marcate.

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È la legge che dividerà l’Italia e che è stata pensata nel laboratorio leghista di quel Nord che rivendica da sempre la sua superiorità industriale, economica, sanitaria e occupazionale. Un provvedimento che finirà per murare definitivamente il sepolcro di pietra nel quale riposa la “questione meridionale” e che, intanto, ha già spalancato pericolosi squarci all’interno della stessa maggioranza.

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Crepe che erano già comparse nei giorni caldi della campagna elettorale e che dopo la battaglia di Montecitorio sono apparse più chiare all’interno degli schieramenti del centrodestra. Roberto Occhiuto, governatore di centrodestra e, soprattutto, vicesegretario nazionale di Forza Italia, ha ribadito tutti i suoi dubbi legati alla fretta di approvare il testo senza verificarne i meccanismi.

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«Il testo del disegno di legge sull’autonomia differenziata approvato dalla Camera è certamente migliorato – grazie soprattutto al lavoro dei ministri di Forza Italia e del segretario nazionale, Antonio Tajani – rispetto a quello proposto mesi fa dal ministro Calderoli. Per le materie più importanti non si potranno ratificare intese tra Stato e Regioni senza prima aver quantificato e finanziato i livelli essenziali delle prestazioni. Ma proprio per questa ragione è poco comprensibile il metodo usato per votare a tappe forzate – rifiutando possibili ulteriori migliorie – questo provvedimento: così facendo il ddl è sembrato una bandierina di una singola forza politica, in un clima che ha rappresentato questa norma come divisiva in Parlamento e nel Paese. Non so se i minimi vantaggi elettorali che il centrodestra avrà al Nord, dove presumibilmente i cittadini prima dell’autonomia avrebbero preferito avere meno tasse e meno burocrazia, compenseranno la contrarietà e le preoccupazioni che gli elettori di centrodestra hanno al Sud.

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Questa norma andava maggiormente approfondita e la discussione doveva svolgersi in modo sereno: avremmo così avuto l’opportunità di spiegarla meglio nelle regioni meridionali. Comprendo le ragioni dei deputati calabresi di Forza Italia – Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo – che hanno deciso di non votare questa legge. È stata una loro scelta, che ho condiviso. Temo che il centrodestra nazionale abbia commesso un errore, del quale presto se ne renderà conto».