Angelina Mango nel corso di un’intervista a Vanity Fair si è raccontata a tutto tondo, parlando non solo del suo anno d’oro ma anche affrontando temi piuttosto personali. Per lei non è stato facile distaccarsi dal cognome di quel papà che se n’è andato troppo presto: “Avevo una convinzione: la mia storia era già nota, il mio cognome mi precedeva. Non ero da scoprire. Negli occhi di chi mi conosceva per la prima volta leggevo il mio passato. E allora perché parlarne, non ne vedevo l’utilità. Poi, ho capito che avevo qualcosa di inedito: la mia prospettiva. È una conquista recente, dell’ultimo anno”.
Ancora oggi, però, le critiche arrivano proprio perché etichettata come “figlia di”, dato che anche la mamma Laura Valente è la voce storica dei Matia Bazar: “Non mi stupisce quando mi dicono che sono qui solo per il mio cognome. Ma chi mi ascolta non ha questo tipo di pregiudizio nei miei confronti. Nessuno è costretto ad ascoltare nessuno. Non c’è niente di più sincero del rapporto tra il pubblico e l’artista. In casa era naturale parlare di musica, occuparsi di musica, vivere di musica. Io la respiravo. Sapevo che sarebbe stato il mio futuro e sognavo altro: la danza, la carriera da ricercatrice”.
E chissà se al papà piacerebbe la sua musica. “Non voglio chiedermelo, sarebbe un lampo fine a sé stesso e forse nocivo. La mia musica è distante dalla sua, dai suoi gusti, è indubbio. Tengo lontano anche l’affanno di essere all’altezza di ciò che mi ha trasmesso. Semplicemente tento di onorare il talento e coltivare la naturalezza che avverto sul palco”. Del resto chi la segue, i più giovani, fa parte di una canzone libera da pregiudizi: “È libera, aperta, elastica. Affronta ogni argomento senza vergogna: i traumi, i disagi, l’amore, i sentimenti… E poi, scende in piazza, preferisce uscire invece che frequentarsi online, va ai concerti piuttosto che chiudersi in un mondo virtuale”.
Una generazione che si trova anche a fare i conti con una poca stima di sé, in particolare per quel che concerne l’aspetto fisico: “Questo mestiere mi porta ad avere un contatto continuo con la mia immagine. Non sono una campionessa di autostima, per cui è difficile. Non sono una giovane donna risolta, non so se mai lo sarò, però ci sto lavorando con il supporto di più persone possibili”.
Da adolescente, non l’ha mai nascosto, soffriva di ansia che cercava di placare studiando: “Concentrarmi sulle materie allontanava i pensieri intrusivi. Alla fine sono uscita dal liceo scientifico con 94. Fondamentalmente ero una ragazza scura, introspettiva: è dura leggere oggi i testi dei brani che ho scritto all’epoca”. Ora, invece, la sua musica dice finalmente tutt’altro.