L’effetto più concreto nel breve periodo potrebbe essere che i Tribunali italiani vengano intasati dai ricorsi: non sarebbero certo pochi gli imprenditori del settore turistico balneare che si affiderebbero ad avvocati e carte bollate vedendo, alla scadenza delle concessioni, passare gratuitamente in mano allo Stato il tratto di arenile su cui hanno costruito e gestito per anni le loro strutture. È sostanzialmente questa la circostanza che potrebbe verificarsi alla luce del pronunciamento della Corte di Giustizia Ue sul ricorso della Società italiana imprese balneari contro un Comune della provincia di Livorno. Secondo l’istituzione giudiziaria dell’Unione europea la norma italiana che prevede che le opere non amovibili costruite sulle spiagge, al termine della concessione, vengano acquisite a titolo gratuito dallo Stato italiano, non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento. Il day after della sentenza è scandito, innanzitutto, dai distinguo secondo cui tale decisione non implica che lo Stato non possa versare degli indennizzi ai concessionari in scadenza, ma soprattutto dallo sconcerto di chi rappresenta gli operatori di un settore già precipitato nell’incertezza dal caos normativo sulle concessioni in sé e, adesso, scosso da un’ulteriore grana nel pieno di una stagione che va avanti tra mille difficoltà. C’è chi non vuole sentire parlare neanche di indennizzo ma di «riconoscimento del valore aziendale», altrimenti «siamo assimilabili alla Corea del Nord dove tutto è in mano allo Stato».