L’ultima tragedia, in ordine di tempo, alla fine della scorsa settimana, in provincia di Cosenza. Caratterizzata dal solito, drammatico cliché: operai che escono di casa e trovano la morte sul luogo di lavoro. Solo nel 2023, tra il Pollino e lo Stretto, si sono registrati 43 decessi: quasi uno a settimana. Un numero che sale a 86 se si prendono in considerazione anche le morti provocate da incidenti mentre si va o si torna da lavoro. Sono i dati diffusi da Santo Biondo, segretario generale di Uil Calabria, che cita le stime “per difetto”, in una elaborazione del Centro Studi della Cub in base a dati dell’Inail e dell’Osservatorio nazionale morti sul lavoro sia di Bologna che di Mestre. Cifre «impressionanti», spiega il sindacalista, pochi giorni dopo l’«ennesima tragedia inaccettabile» che a Frascineto ha visto morire un operaio 55enne schiacciato sotto una lastra di cemento.
Secondo i numeri forniti dall’Osservatorio nazionale di Bologna, spiega Biondo, «le cinque province calabresi non brillano nella tragica classifica dei decessi. Se Reggio Calabria si aggiudica la medaglia di bronzo con 7 morti, fanno peggio Catanzaro (medaglia di latta con 10 morti); Cosenza (22 morti e medaglia di latta); Crotone (6 morti e medaglia di legno) e Vibo Valentia (6 morti e medaglia di legno). Questi numeri ci fanno capire che la situazione è particolarmente critica e peggiora sempre di più mentre il governo fa orecchie da mercante davanti alle nostre richieste».
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