Un quadro preoccupante. Con la sicurezza pubblica messa costantemente a rischio da attentati incendiari, intimidazioni, minacce, risse, pestaggi e sparatorie. L’area di Corigliano Rossano ribolle come il cratere di un vulcano risvegliatosi da decenni di letargo. La situazione ha indotto il prefetto di Cosenza, Vittoria Ciaramella, a riunire nella città ionica il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. Il sindaco, Flavio Stasi, ha chiesto rinforzi per le forze dell’ordine denunciando un graduale arretramento dello Stato nella Sibaritide, partito con la chiusura del Tribunale.
Una tesi che trova sponda nel presidente provinciale di Confindustria, Fortunato Amarelli. La sua famiglia vive a Rossano da secoli e rappresenta una delle più felici e antiche realtà imprenditoriali del meridione d’Italia. Amarelli ha il talento d’essere sempre diretto.

Presidente che succede nel terzo più grande comune della Calabria?
Siamo di fronte a una recrudescenza della criminalità. Una criminalità che non ha mai abbandonato quel territorio.

Come è spiegabile?
L’arretramento dello Stato è cominciato negli ultimi dieci anni, quando in nome dell’austerity sono state bloccate le assunzioni nel pubblico impiego, ridotti gli uffici periferici, chiusa la sede giudiziaria, ridotti i presidi sanitari in nome di una centralizzazione che avrebbe dovuto garantire risparmi che non ci sono stati. Il vuoto determinatosi ha lasciato spazio sul territorio a tutte le organizzazioni criminali. Al contrario di quanto avvenuto, l’area di Corigliano Rossano avrebbe avuto invece bisogno di sostegno in tema di sicurezza, giustizia, salute e di investimenti. Il quadro via via determinatosi non fa bene alle imprese, alla economia ed ai tanti i giovani brillanti costretti a partire per cercare spazio e fortuna altrove.

La cancellazione del Tribunale quanto ha pesato?
La chiusura del Tribunale è uno dei passaggi fondamentali: in un territorio così vasto e importante economicamente ha rappresentato un passo indietro dello Stato, è indubitabile. E la ridotta presenza dello Stato induce i cittadini ad avere più paura, meno fiducia, determinandoli ad essere meno decisi quando è il momento di denunciare. È come se si sentissero meno forti. Questo territorio ha bisogno di segnali significativi: i presidi delle forze dell’ordine andavano rafforzati dal punto di vista dei mezzi e, soprattutto, degli organici. La recrudescenza attuale è figlia di un periodo lunghissimo durante il quale lo Stato ha fatto un passo indietro. Siamo tutti consapevoli di questo. Un’area di queste dimensioni, mai abbandonata dalla ‘ndrangheta, doveva e deve essere protetta sempre. Con scelte forti.

Cosa chiederebbe alle Istituzioni?
Io credo che operare in un mondo sicuro, dopo che si pagano le tasse e si osservano le leggi, deve essere una pre-requisito. Se questo non viene garantito abbastanza la società si disgrega. Prima di pensare alle infrastrutture e agli incentivi alle imprese dobbiamo lavorare perché vi sia una maggiore sicurezza e, mi sia consentito, una migliore tutela della salute attraverso struttura sanitarie adeguate. Vi è l’ assoluta necessità di rafforzare i presidi delle forze di polizia e l’apparato giudiziario. Occorre rispondere con soluzioni emergenziali: nel Sud Italia è così. Qui abbiamo bisogno di presidi fortissimi. Ci stiamo organizzando per spendere le enormi risorse previste dal Pnrr ma occorre prima intervenire sulla sicurezza.

Fortunato Amarelli parla con slancio. La zona della Calabria in cui è nato e cresciuto è investita da una ondata di violenza per nulla sottovalutata e fortemente avversata dalle forze dell’ordine e dalla magistratura. Il contesto è reso esplosivo dalla contestuale presenza sia delle cosche della ‘ndrangheta alle prese con un riassestamento susseguente alla decisione di collaborare con la giustizia assunta dal boss Nicola Acri (“occhi di ghiaccio”), che della criminalità comune animata da piccoli spacciatori di droga, bande straniere dedite allo sfruttamento di manodopera e malavitosi di basso rango specializzati in furti e razzie. La preoccupazione espressa dal presidente di Confindustria Cosenza, che ringrazia le forze di polizia per il grande lavoro svolto fino adesso «con abnegazione e sacrificio», è tema di dibattito da tempo tra la popolazione ionica.

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