
“Siamo partiti peggio di come avevamo lasciato per la pausa estiva”. Giovanni ha gli occhi perennemente puntati sul cellulare. Ma qual messaggino non arriva. “Un solo giorno di lavoro, lunedì, e poi ci hanno detto di rimanere a casa per i motivi che ormai tutti conoscete”. Il racconto dell’operaio della Stellantis di Melfi sembra fotografare quel ‘limbo’ in cui le maestranze, già decimate dai licenziamenti con incentivo, si trovano a vivere da diversi mesi. “Alla fine della scorsa settimana ci avevano avvisati, i nostri capi, che questa settimana avremmo lavorato almeno tre giorni. Sembra di ripartire da una certezza minima”, afferma. Invece già lunedì si vociferava che tutto si sarebbe fermato per i problemi alla lastratura. “Ho fatto l’abbonamento settimanale al pullman – confessa l’operaio – per una settima intera, l’ho utilizzato solo un giorno”.
“Al di là dello stipendio, così è triste e piatto il futuro” La questione non è solo economica. “Negli ultimi mesi un solo giorno di lavoro a settimana, alcune settimane molto meno”, si sfoga il lavoratore. Così si vive male. “Non riesci a programmare nulla, sai che devi stare a disposizione, ma spesso il messaggino non arriva, oppure partono che devi fare 3 giorni a settimana e poi vai in fabbrica solo un giorno”. La questione non è solo economica, perché la coperta, in qualche modo, mantiene. “Il punto è che con questo sistema si lavora male, non riesci ad organizzarti uno straccio di vita e stai sempre col telefonino vicino, chissà se ti chiamano il giorno dopo. A qualcuno- aggiunge Giovanni-potrebbe anche andar bene, a lavorare poco e portare comunque uno stipendio a casa, ma a lungo andare ti logora, ti fa sentire piccolo piccolo, e ti fa guardare al futuro senza alcuna aspettativa”.
“Solo capi e team leader non perdono un colpo” Il pensiero dell’operio “soldato semplice”, va a chi sta più in alto nella scala gerarchica aziendale. “Capi e team leader sono andati in fabbrica anche ad agosto, loro non perdono nulla, obbediscono alla proprietà e di volta in volta ti dicono di andare al lavoro, poi di rimanere a casa, e lo fanno sempre col sorriso sulla bocca, come se fosse normale, per noi umili operai, sentirci schiavi e spesso anche inutili perché non c’è bisogno della nostra manodopera”.
“Ora vogliono che andiamo a Pomigliano” Da quando è ripartito il lavoro, dopo le ferie, un nuovo mantra si è affacciato nella vita degli operai. “Ci stanno chiedendo, dall’alto, chi di noi vuole andare in trasferta a Pomigliano, a lavorare. Ma questo ci fa capire che qui a Melfi non c’è futuro, non c’è lavoro”. Il morale scende sempre più in basso. “Senza più certezze, ci dicono tutto e il contrario di tutto. Ordini, contrordini. Abbiamo perso il controllo delle nostre esistenze. Peggio degli schiavi. Senza dignità”. E conclude: “Ormai il sistema è marcio. Oltre ai messaggini e ai sorrisetti, i nostri capi e sindacati, non sanno più neanche loro che pesci prendere!”.