Dal turno delle ore 22 dello scorso primo agosto, continua lo sciopero dei lavoratori del comparto della logistica che operano per l’indotto della Stellantis di San Nicola di Melfi. Un settore che sta subendo licenziamiti e ne rischia altri, a causa delle procedure di “semplificazione” che sono state attivate dalla multinazionale. “La Regione ha riunito un tavolo tecnico per provare a dare risposte sugli 85 licenziamenti alla MultiLog”. Oggi in via Verrastro presidio dei lavoratori.

Ma lo sanno tutti, o forse no, che la situazione non è grave: è al limite della tragedia. La responsabilità di un eventuale disastro sociale nel Vulture-Melfese è della Stellantis di Tavares e soci. Questo deve essere chiaro. Ma deve essere altrettanto chiaro che i manager della multinazionale fanno il loro mestiere. Quel mestiere che i governi gli consentono di esercitare da anni.

“Nella giornata di ieri – scrive Bardi a margine del tavolo tecnico – ho avuto una conversazione telefonica con il Dott. Davide Mele, Responsabile Corporate Affairs di Stellantis Italia, al quale ho manifestato tutta la preoccupazione per quanto sta accadendo a Melfi, dove ci rivedremo di persona nella prima data utile.”

“Nella prima data utile”? E quale sarebbe la data utile se non oggi stesso, questa notte, all’alba di domani?

Almeno 5mila operai rischiano di perdere il lavoro, 5mila famiglie in gravi difficoltà, 10-12mila persone che rischiano di finire nel baratro della povertà relativa e assoluta. Mutui da pagare, rate in scadenza. Un territorio che osserva l’orizzonte con angoscia.

Nel mentre le istituzioni locali accovacciate nella bambagia delle promesse della proprietà hanno dormito sonni tranquilli. I sindacati, incapaci di un confronto alla pari con un colosso internazionale dell’automotive, si sono mossi nel quadro di tattiche comunicative finalizzate da un lato ad evitare allarmismi considerati inutili e dall’altro a mantenere quell’asimmetria informativa a danno degli operai per conservare l’autorevolezza nella fabbrica. Nessuno, in questi mesi, ha detto la verità. Magari semplicemente perché nessuno, a parte la Stellantis, l’ha mai conosciuta fino in fondo.  Uno scenario “apocalittico” prevedibile dai primi vagiti della crisi dell’indotto e dalle prime righe della favola sull’elettrico.

Tavoli, solidarietà dei partiti, chiamata alla mobilitazione di facciata dei sindaci, ultimatum a casaccio, non servono. Così come non serve la solita task force dei soliti esperti promessa da Vito Bardi. E non serve la retorica del massimo coinvolgimento di chi nulla può fare per fermare la cinica strategia della multinazionale.

Occorre insorgenza, una forte mobilitazione capace di provocare danni immediati all’azienda. Bloccare gli accessi all’area industriale, fermare la produzione. A pagarne le conseguenze saranno molti operai e le loro famiglie, ma non ci saranno conseguenze peggiori di quelle che oggi senza alcuna prospettiva i lavoratori sono costretti e saranno costretti a pagare. Le favole che  raccontano alla Stellantis, sono favole. La vicenda di Melfi non è una partita locale, questo lo sanno tutti, perciò occorre una mobilitazione nazionale che coinvolga tutti gli stabilimenti di Stellantis. Se così non sarà, prevarranno la contrattazione informale e l’egoismo. E la Stellantis vincerà.