“Per produrre fragole e ortaggi, l’acqua non può arrivare a singhiozzo, non possiamo stare alla mercé della natura e delle inefficienze degli Enti preposti”. A parlare è Giuseppe Stigliani, di Scanzano Jonico, del sindacato Cobas Lisia. Proprio qualche giorno fa si è chiusa a Scanzano la sagra della fragola. Tanti stand, tante belle parole, ma non sono bastate a tranquillizzare. Un mese fa, infatti, l’erogazione dell’acqua per irrigare campi e serre si è interrotta per 5 giorni. “Per alcuni giorni, proprio mentre arrivavano le prime calure fino a 30 gradi siamo rimasti senz’acqua, in un momento decisivo”. La causa, spiega il produttore agricolo, va ricercata nel “non aver svuotato per tempo l’acqua necessaria dal Pertusillo, per poi convogliarla nella diga di Gannano (Tursi), attraverso il fiume Agri”. Per una “incapacità da parte del Consorzio di Bonifica, nel programmare i tempi, dobbiamo pagare pegno noi produttori agricoli, ma vi pare giusto…” E ancora: “Ci sono addirittura zone alte, a Scanzano e Montalbano, dove ancora adesso l’acqua sta arrivando poco o per nulla, il problema, in parte, persiste”.

Stigliani si rivolge direttamente ai vertici del Consorzio di Bonifica: “Ci vuole discontinuità rispetto al passato”. E punta il dito anche sul presidente del Consorzio (Musacchio). “Durante la sagra della fragola il presidente si è assunto la responsabilità per il disservizio avvenuto a fine marzo, va bene, ma non è sufficiente”. Secondo Stigliani, infatti, come ribadisce, “ci vogliono discontinuità e una programmazione certa, altrimenti, in vista di quest’estate, con temperature alte, potrebbe accadere di nuovo, e poi con chi ce la dobbiamo prendere se il prodotto non esce…”

Parliamo di fragole, ma più in generale di ortofrutta: pesche, peperoni, fagioli e tanto altro. I problemi del comparto ortofrutticolo del Metapontino sono tanti, complessi e legati anche ai cambiamenti climatici. Ci sono aspetti però su cui non si è mai intervenuti sul serio. I lavori di manutenzione, ad esempio, necessari a liberare i canali, sono lungi dall’essere risolti. “Dalle nostre parti – conclude Stigliani – ci sono canali in cui persistono alberi da 50 anni, non sono mai stati liberati. Se queste attività non si fanno, prima o poi qualcosa, anche di grave, può succedere”.