PESCARA. Per giorni non ha voluto dire niente. Troppo lo shock per tutto ciò che è avvenuto nel suo locale in quella che doveva essere una tranquilla domenica delle Palme. Ora invece Christian Fedele, il proprietario di Casa Rustì, dove YelfryRosado Guzman, il cuoco di 23 anni è stato ferito a colpi di pistola, rivolge un appello a tutti pescaresi e agli abruzzesi a non lasciare soli il ragazzo e la sua famiglia. «Quello che vorrei», dice l’imprenditore, «è che le persone stessero realmente vicino a Yelfry e non solo in questo momento. Mi piacerebbe che i riflettori su di lui si spegnessero il più tardi possibile. Davanti ha un percorso lungo e difficile e ha bisogno, così come la mamma e i fratelli, del sostegno di tutti, di aiuti veri e concreti».
Fedele spiega che avrebbe potuto riaprire subito il locale, inaugurato in piazza Salotto appena prima del lockdown, ma di non essersela sentita. «Resta chiuso», sottolinea, «siamo ancora provati. Abbiamo Yelfry in ospedale e Martina, che ha assistito alla scena e che sento sempre, sotto shock. Per me i due ragazzi sono come dei figli, come persone di famiglia. Sono e siamo, quindi, tutti coinvolti a livello emotivo e umano. Una cosa comunque», prosegue, «voglio dirla, anche se non è mia intenzione fare polemiche. Pescara ha bisogno di più sicurezza. Tutto è successo nella piazza principale della città. Bisogna fare qualcosa velocemente, per fare in modo che ciò che è accaduto non si verifichi più. Io sono provato. Mia madre abita a 100 metri, ho un’altra attività davanti all’Elefante. I miei figli frequentano questa zona, giocano qui. Non ho più la tranquillità di prima. A dire la verità, un pochino la colpa è di tutti noi cittadini in quanto ci vorrebbe maggiore senso civico. Se quattro ragazzini strillano al bar, bisogna richiamarli, avvisare i genitori. È assurdo, comunque, che certe cose succedano nel cuore della città. A parte questo, ripeto, chiedo che non ci si dimentichi di Yelfry. Yelfry», dice ancora Fedele, «lavora con me da tre anni, è un ragazzo straordinario, forte, solare, sempre con la battuta pronta e anche in questo momento, dal suo letto di ospedale, cerca di tranquillizzare tutti, e dice di continuo grazie. Lui è fatto così. Il giorno di Pasqua mio fratello per qualche minuto è riuscito a fargli visita, consegnandogli delle cose che sapevamo gli avrebbe fatto piacere avere. Per noi è uno di famiglia e per questo sento di dovergli stare accanto. Lo stesso vale per gli altri ragazzi che lavorano nelle nostre attività».
Poi, commosso, Fedele racconta che solo qualche giorno prima che si consumasse il dramma, Yelfry aveva voluto assolutamente dargli una mano, sapendo che nella sua azienda erano in corso lavori di ristrutturazione. «È venuto insieme a Stefano, un altro dipendente, e mi ha aiutato a verniciare il portone. Poi abbiamo cucinato gli arrosticini per gli altri operai. Noi abbiamo questa visione del lavoro. Per adesso, non riapriamo».
Immediatamente dopo l’accaduto, quella stessa domenica, Fedele sconvolto aveva detto che non avrebbe più riaperto il locale. «Basta, non riapro, così non si può lavorare». Per poi aggiungere mentre lo ripeteva: «Oggi dico che chiuderò tutto. Ma poi, per rispetto dei miei dipendenti, va a finire che resto». E infatti rimane. Ma al momento il pensiero è tutto per Yelfry.«Un bravo ragazzo, assolutamente un bravo ragazzo, che va aiutato».
©RIPRODUZIONE RISERVATA