
PESCARA. Una villa da nababbi, con tutti i comfort possibili, dalla vasca idromassaggio in bagno al caminetto nel salone, sorvegliata giorno e notte da una telecamera esterna per evitare visite sgradite. Ciò che rimane dell’arredamento (stile classico) racconta di acquisti fatti senza badare a spese, dalle decorazioni dorate sui solai ai puttini portalampade sui balconi, passando per una fontana all’esterno e due automobili abbandonate sul retro. I segni dello sfarzo sono evidenti nell’edificio di via Tavo 310 (piano terra e primo piano collegati da una scala interna), un tempo appartenuto a una famiglia rom: lo stabile è stato sequestrato e poi confiscato perché realizzato con soldi guadagnati illecitamente, commettendo reati. E ora la villa, assegnata dal ministero dell’Interno al Comune, sarà utilizzata per finalità sociali, cioè per accogliere i primi sei senzatetto (per un anno) e restituire loro una vita dignitosa.
Ieri il sopralluogo del sindaco Carlo Masci con il prefetto Giancarlo Di Vincenzo, visto che proprio la prefettura ha permesso di superare gli ostacoli burocratici della procedura. Con loro c’erano l’assessore comunale Adelchi Sulpizio, affiancato da Marco Molisani e Alessandro Mastrogiovanni, dirigente e Rup, che hanno seguito tutto l’iter per far rinascere la struttura e ora sono pronti a far ristrutturare l’edificio e promuovere il bando per la gestione, da affidare alle associazioni. «Tutto sarà possibile con i fondi del Pnrr», chiesti e ottenuti dal Comune: «350 mila euro per i lavori di sistemazione e 135mila euro per la gestione».
«Riusciamo a cogliere due obiettivi», ha commentato Masci. «Il primo è quello della legalità, perché questa casa è il frutto di atti criminosi che ora vengono compensati con la restituzione della villa alla città e alla comunità, a disposizione di chi ha bisogno. E quindi c’è anche un aspetto sociale. Nella casa saranno ricavati sei posti letto: qui ospiteremo altrettanti senza tetto, persone che rappresentano l’emarginazione più estrema, che vanno aiutate. E noi le avvieremo a una vita normale, con l’intervento di associazioni che si occupano proprio di chi soffre maggiormente. Daremo loro una nuova opportunità di vita e di lavoro».
«In altre città operazioni del genere non vanno in porto e invece qui abbiamo già realizzato altri quattro progetti di questo genere, grazie alla forte sinergia istituzionale e al grande aiuto arrivato dalla prefettura», ha commentato Sulpizio. «Con questo intervento parte un forte messaggio di legalità: qui le istituzioni ci sono e si lavora per una finalità sociale» dando vita a una struttura per l’inclusione proprio laddove albergava il malaffare. «Non ci fermeremo qui, ci sono in atto le procedure per altre strutture. Mano a mano che ci saranno assegnate procederemo su questa strada. I dati ci dicono che strutture come questa funzionano e che durante il percorso, che dura un anno, le persone vengono accompagnate a una vita normale. Insomma», ha detto l’assessore, «è la strada giusta».
Ne è certo il prefetto. «Questa è la dimostrazione concreta che lo Stato vince sempre, con tutte le sue articolazioni, e il modello della criminalità risulta perdente, sia per quanto riguarda i destini personali sia dal punto di vista economico. È solo una questione di tempo. La verità è questa e va rimarcata anche rispetto a certi messaggi cinematografici che passano. I giovani devono saperlo».
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