
PESCARA. La consapevolezza di un momento storico davvero complesso ma anche la speranza di ripartire, se le istituzioni faranno ciascuna la propria parte. Dall’arcivescovo di Pescara, Tommaso Valentinetti, parte un appello a prendersi cura di chi ha meno ma anche un messaggio natalizio nel segno della solidarietà.
Che anno è stato e che Natale è?
«È stato un anno molto complesso perché registriamo sempre più difficoltà da parte delle persone ad andare avanti, non solo sul fronte economico ma anche psicologico: c’è un clima di incertezza, sia per la crisi energetica che sta mettendo in crisi molte famiglie sia per l’insicurezza legata un conflitto alle porte di casa nostra. Io faccio appello alle energie più profonde della fede, chiedo di restare e di lavorare dentro la storia perché si creino condizioni di vita più accettabili per tutti e si lavori per la pace, smettendo di pensare che i problemi si rivolvono con la contrapposizione delle armi. Anche fornire supporto militare all’Ucraina acuisce il confronto armato che sta diventando più pericoloso e cattivo».
È un Natale più povero, dagli enti pubblici che risparmiano anche sulle luminarie, alle famiglie. È un Natale “spento”?
«Non vedo tutto questo spegnimento, le luminare ci sono, magari non esageratamente. Ma forse si dovrebbe cercare di dare valore alle persone che ne hanno più bisogno, e mi riferisco anche alle esigenze della nostra Caritas diocesana che è in crisi in alcuni settori, per cui qualche servizio saremo costretti a cessarlo».
Cioè?
«Penso alla Casa del buon samaritano, che si occupa di assistenza alle persone sieropositive: se non riceverà un contributo maggiore, chiuderà. Ci sono 13 ospiti ma la tariffa garantita dalla Asl è ferma al 1999. Abbiamo fatto delle richieste ma non abbiamo riscontri. E ci sono 13 posti di lavoro a rischio».
Durante la pandemia si diceva “Andrà tutto bene” ma non ne siamo usciti granché bene, a livello personale e guardando allo scenario globale. È come se si fosse imboccata la deriva. Come ci si salva?
«Appena scoppiato il Covid c’è stata quasi una gara di solidarietà poi con il suo procrastinarsi sono scattati l’egocentrismo, l’egoismo, ci si è rinchiusi ognuno nel proprio guscio, parlerei quasi di cattiveria. Ci si salva stringendo i legami della solidarietà ma soprattutto deve intervenire chi ha la responsabilità delle istituzioni, prestando attenzione ai meno fortunati, ai più svantaggiati che sono anche quelli si esasperano di più, mentre i ricchi diventano sempre più ricchi (nonostante la crisi, c’è un turismo imperante). Forse dovrebbe esserci un’opera educativa maggiore, andrebbero dati segnali evidenti da parte di chi ha responsabilità, per una sobrietà della vita. Perché è chiaro che si va verso una essenzialità dell’esistenza».
Da chi vorrebbe più impegno?
«Da parte delle forze ecclesiali, sia presbiteri, diaconi e credenti che operano nelle comunità parrocchiali. In una scuola, durante un incontro straordinariamente bello, ho notato che tanti giovani vogliono riabbracciare un percorso con la fede, ma sono un po’ delusi dal passato. E lo chiedo e a tutti gli uomini di buona volontà e a chi responsabilità della cosa pubblica. Da loro devono partire gli esempi più evidenti di onestà, verità e impegno, con una vita integerrima, senza pensare solo ad essere rieletti ma al bene comune».
Quali sono gli esempi di vita?
«Sicuramente non i parlamentari europei. Io ho un modello di vita ed è Papa Francesco».
Natale può essere un’occasione per ripartire?
«Può essere l’occasione buona per riprendere fiducia e speranza. D’altronde Cristo non si sarebbe fatto uomo se non avesse avuto questo messaggio di speranza, entrando in una umanità che allora non era tanto migliore di oggi: è venuto per trasformare l’umanità. Bisogna aprire le menti, i cuori e lo spirito, per ridare forza e coraggio a chi riesce a sperimentare la bellezza di una presenza che può essere significativa».
Cosa ci si può vedere oggi nel presepe?
«Nel presepe metterei due eserciti in ritirata, tanti soldatini di piombo che guardano alla grotta ma tornano a casa».
Se fosse un bambino, che regalo vorrebbe da Babbo Natale?
«Come bambino vorrei un trenino (li ho sempre avuti, in realtà). Lo userei per fare un viaggio con tante altre persone e camminare verso una meta di speranza. Un treno veloce».
E per gli altri, che regalo chiederebbe?
«Li caricherei sul mio treno».
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