Professor Teti se Trump fosse stato ucciso cosa sarebbe accaduto negli Usa e quindi nel mondo?
Negli ultimi quattro anni abbiamo assistito ad una trasformazione del pianeta, sul piano geopolitico, a dir poco epocale. Le alleanze e gli accordi raggiunti tra gli Stati, così come ci sono state consegnate dal dopoguerra, appaiono come un nostalgico ricordo. Così come nei paesi dell’Unione Europea, anche negli Stati Uniti stiamo assistendo a quello che potremmo definire “càos stocastico”: uno scenario in cui si manifestano comportamenti irregolari e imprevedibili di agenti perturbatori che spesso agiscono in maniera del tutto casuale e finanche non correlata. Senza alcun dubbio, la morte di Trump avrebbe prodotto negli Usa una protesta rabbiosa, violenta e largamente estesa, anche grazie all’utilizzo dei social media. Le votazioni di autunno ne avrebbero risentito enormemente, non solo a livello politico, ma anche sul piano della sicurezza interna della nazione.
Trump ferito ad un orecchio da un ventenne armato appostato su un tetto del quale nessuno si accorge: ritiene possibile una falla così evidente nel sistema di sicurezza e protezione di un candidato alla Casa Bianca?
Cerco di fare chiarezza anche sul piano tecnico. Per quanto concerne l’attentatore, Thomas Matthew Crooks, si tratta di un poco più ventenne che ha utilizzato un fucile semiautomatico AR-15 calibro 5×56 (una munizione con palla da circa 50 grani), probabilmente con tacca di mira azzerata a 100 yards. A quella distanza la palla, che percorre una parabola, scende di circa 1,5 cm, con un vento di traverso di circa 4 metri al secondo lo scostamento può essere di circa sei centimetri. Va precisato, altresì, che il munizionamento utilizzato in questo caso mal si addice ad un tiro di precisione. In sintesi, Trump ha evitato l’impatto diretto del proiettile per un semplice errore nel calcolo della mira. Ciò conferma, senza ombra di dubbio, che l’attentatore non era un tiratore esperto. Sul piano della falla di sicurezza, Elon Musk, in un post pubblicato su X, ha denunciato l’incompetenza dei servizi di sicurezza dell’ex presidente statunitense, ma ha anche avanzato il dubbio che Trump sia stato “deliberatamente” non messo in una condizione di sicurezza. Questo messaggio, visualizzato da oltre 5,9 milioni utenti, ha generato negli attivisti di sinistra, nel giro di poche ore, la convinzione che l’attentato fosse stato organizzato dallo stesso Trump. Potenza dei social media… In realtà si tratta di una vera e propria “falla” dei sistemi di sicurezza americani, e non è certamente un caso che la Casa Bianca abbia richiesto un’inchiesta in tal senso. L’aspetto stupefacente risiede in un altro caso analogo: l’attentato all’ex presidente Ronald Reagan nel 1981.
L’attentato fallito finisce per rafforzare la campagna elettorale di Trump: ha mai pensato che si trattasse di una messa in scena?
No. Semplicemente perché avrebbe richiesto una dinamica completamente diversa. Al giorno d’oggi, con le tecnologie di veicolazione e controllo delle informazioni disponibili, orchestrare una messa in scena del genere risulterebbe particolarmente complesso. Il problema, a mio modesto parere, risiede nell’ecosistema digitale che avvolge l’intero pianeta. Mi spiego meglio. Cominciamo con l’analisi del profilo psicologico di Crooks. Un ragazzo poco socievole, bullizzato a scuola, che indossa essenzialmente indumenti militari e inserito in un contesto familiare culturalmente ed economicamente modesto della periferia di Pittsburgh. Assiduo consumatore di contenuti inneggianti alla protesta violenta, come nel caso del video postato su X alcuni giorni fa (visionato da oltre 8,5 milioni di utenti), in cui un ragazzo che tiene in mano un fucile inneggia all’uso delle armi. Crooks è il classico esempio di una generazione che vive in un mondo virtuale totalizzante, in grado di produrre conseguenze sostanziali sul piano del condizionamento psicologico e comportamentale.
Dall’attacco alle torri gemelle all’attentato a Trump sono passati quasi 23 anni: il primo fu figlio del terrorismo di Al Qaeda, qual è la matrice del secondo?
È il mondo virtuale, che si sta trasformando in un pericoloso strumento di metamorfosi sociale dalle conseguenze imprevedibili, ad assumere il ruolo di generatore di violenza a livello mondiale. La comunicazione strutturata online, veicolata attraverso la propaganda e le tecniche di persuasione utilizzate per conseguire obiettivi diversi, stanno elevando lo scontro politico e sociale negli Stati Uniti, come anche nei paesi europei, Italia inclusa. Si sta consumando una sorta di escalation, a livello planetario, che rischia di aumentare ed inasprire il livello di violenza delle masse, generando conseguenze che potrebbero facilmente sfuggire anche al controllo delle forze dell’ordine.
A chi giova e conviene, secondo lei, alimentare l’odio sociale?
A quelle forze politiche ed economiche che intendono perseguire i loro obiettivi con ogni mezzo. Ciò che sfugge, purtuttavia, alla loro comprensione, è la reale portata delle potenzialità e delle conseguenze che gli strumenti digitali fruibili in rete possono produrre. Basti pensare al ruolo degli influencers nel conflitto russo-ucraino e israelo-palestinese in corso. E non stiamo ancora valutando l’impatto che avranno le piattaforme di intelligenza artificiale sul piano del condizionamento psicologico-comportamentale. Qualche mese fa OpenAi ha sviluppato Replika.ai, una piattaforma in grado di realizzare una sorta di avatar che assume la forma del proprio “clone digitale”. In altri termini, è possibile interagire sul piano di confidenza e aiuto. Se parli al tuo “io digitale”, ti sfoghi e lui ti risponde, e tendi a credere che l’interlocuzione sia condotta con te stesso. In realtà questa piattaforma sta assumendo e memorizzando tutte le tue informazioni più riservate.
Proviamo infine a cercare punti in comune con l’Italia. Ce ne sono?
Ciò che assume particolare rilevanza è la dipendenza delle persone dai social. TikTok, ad esempio, ha raggiunto il miliardo e settecento milioni di utenti globali nel 2023. Può contare su 1,1 miliardi di utenti “attivi”, di cui 150 milioni negli Stati Uniti, che hanno generato nel solo primo trimestre del 2023 un fatturato di 2.475 miliardi di dollari. Anche in Italia, assistiamo a fenomeni simili. Ad esempio la proliferazione di “trapper” che raccontano il disagio sociale giovanile ma che inneggiano all’utilizzo delle armi di stupefacenti, sta assumendo toni drammatici. Principalmente a Roma e a Milano, ma anche in altre zone d’Italia, stanno crescendo in maniera esponenziale i crimini condotti da gruppi di “baby gang”, minorenni legati a trapper più o meno noti. Dobbiamo cominciare a spiegare in maniera chiara all’intera società, ed in particolare alle famiglie, cosa può provocare l’uso distorto dei media online.
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