PESCARA. In cinque finiscono in carcere e uno agli arresti domiciliari.
Sono i sei protagonisti individuati dalla procura di Pescara quali autori della spedizione punitiva a colpi di pistola dell’11 settembre scorso in via Mincio a Montesilvano quando, per una lite tra due famiglie rom, a farne le spese fu il 23enne S.F., raggiunto da un colpo alla gamba. Un fatto di estrema gravità consumato nella pubblica via, «accettando altresì», come scrive il pm nel capo di imputazione, «il rischio che uno dei proiettili vaganti potesse attingere anche persone estranee alla famiglia Di Rocco».
IL MOVENTE «La causale immediata e prossima della spedizione omicidaria», scrive il gip Giovanni de Rensis nella misura cautelare, «non può che essere ravvisata nella volontà degli appartenenti alla famiglia Morello/Pierdomenico/Morelli di “dare una lezione” ai componenti della famiglia Di Rocco».
CHI SONo, le accuse In carcere sono finiti Kevin (19 anni), Guerino (26), Denis Morello (20), Marlon Castorani (32) e Pamela Pierdomenico (41); ai domiciliari il più giovane (appena diciottenne) Bryan Morello. Per tutti, i reati contestati dal pm Anna Benigni sono quelli di concorso in tentano omicidio, detenzione illegale di più armi da sparo; porto illegale in luogo pubblico di armi.
A sparare, secondo quanto accertato dall’indagine, non fu una sola persona, ma quella sera erano almeno in quattro a puntare le pistole contro il balcone della casa dei Di Rocco dove affacciati c’erano diversi soggetti della famiglia, fra cui appunto il ferito S.F.: sarebbero stati esplosi almeno sette colpi di pistola, stando ai bossoli ritrovati dai carabinieri di Montesilvano.
LA TESTIMONIANZA Gli inquirenti erano giunti piuttosto velocemente alla individuazione dei responsabili, raccogliendo le precise dichiarazioni dei rappresentanti della famiglia Di Rocco: quella attaccata dal gruppo di aggressori. Ma anche altre testimonianze di vicini di casa, e persino un video girato da un testimone.
DUE FAMIGLIE IN LITE Il movente lo ricostruiscono i militari nella loro informativa e ruota tutta intorno alla gelosia relativa alla figura di Pamela Pierdomenico (madre di Kevin e Bryan, nonché zia di Guerino Morello, Denis Morello e Marlon Castorani). E a supporto di questa tesi ci sarebbero anche le dichiarazioni di più di un componente della famiglia Di Rocco.
PRIMA LA RISSA Prologo dell’aggressione armata sarebbe stata una lite tra le due famiglie avvenuta nel pomeriggio (mentre la sparatoria intorno alle 20): una sorta di rissa sedata dai carabinieri che erano stati avvertiti da alcuni vicini. La famiglia Di Rocco aveva peraltro individuato uno per uno quelli che impugnavano l’arma, riferendolo ai militari e facendo anche dei riconoscimenti fotografici.
POI LE PISTOLE Le pistole, stando all’accusa, erano in mano a Kevin Morello, Denis Morello, Bryan Morello e Guerino Morello: dunque non anche in mano a Castorani e Pierdomenico.
IL GIUDICE Ma per il giudice, la loro «presenza ha accresciuto il clima intimidatorio precedente l’aggressione, conferendo, in funzione agevolatrice e rafforzatrice, maggiore sicurezza per tutti i delinquenti durante la materiale esecuzione del reato». Per il gip, però, non c’è premeditazione in quell’aggressione armata. E comunque, dati i precedenti a carico di tutti (tranne che per Bryan) «deve ritenersi», aggiunge il gip, «che nei confronti di tali capacità criminali l’Ordinamento non possa non disporre misure cautelari personali coercitive per impedire loro di aggredire con violenza (a mani nude, con armi bianche ovvero con armi corte) chiunque si pari loro davanti venendo da essi ritenuto colpevole di una “lezione esemplare”».
Oggi gli interrogatori di garanzia alla presenza dei rispettivi difensori, Daniela De Sanctis, Alessandra Michetti e Marco Zanna.