«Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?»: con questa frase, nei giorni scorsi il premier Mario Draghi ha lanciato il campanello d’allarme sulla necessità di rivedere i consumi energetici, per far fronte alla crisi del gas inasprita dalla guerra in Ucraina e dalle sanzioni contro la Russia. Il Governo sta quindi preparando un piano di austerity per fronteggiare la possibile sanzione delle sanzioni contro Mosca: smettere di acquistare il suo petrolio e il suo metano, da cui l’Italia dipende in gran parte anche per la produzione di energia elettrica. Il piano, che potrebbe ispirarsi al 1973, entrerebbe in vigore a maggio. Le ipotesi al vaglio riguardano il riscaldamento e il raffreddamento dei luoghi chiusi, ma anche l’illuminazione e il carburante.
CONDIZIONATORI
E TERMOSIFONI
La prima misura del Piano coinvolge condizionatori e termosifoni ed è stata in parte già messa nero su bianco da un emendamento del Movimento 5 Stelle al decreto Bollette del 7 aprile. L’emendamento prevede che dal primo maggio 2022 al 31 marzo 2023 la media ponderata della temperatura degli edifici pubblici non dovrà superare i 19 gradi centigradi (più 2 gradi di tolleranza) e non dovrà essere minore di 27 gradi (meno due gradi di tolleranza). La misura, che ovviamente esclude luoghi sensibili come gli ospedali, potrebbe però essere estesa a tutte le abitazioni. Secondo alcune stime, si potrebbe arrivare solo così a risparmiare tre miliardi di metri cubi di gas.
ILLUMINAZIONE
PUBBLICA
Un’altra ipotesi per ridurre i consumi energetici è quella di usare meno elettricità, che in Italia viene in larga parte prodotta proprio con il gas metano. Il Governo potrebbe innanzitutto costringere i sindaci a ridurre il numero dei lampioni accesi ma anche il loro orario di illuminazione. La misura potrebbe coinvolgere anche i condomini, dove il Governo potrebbe imporre di ritardare l’accensione della luce nelle parti comuni.
BENZINA
E GASOLIO
L’Italia compra da Mosca circa il 10% di tutto il petrolio importato, mentre la raffineria più grande sul territorio nazionale – quella di Siracusa – è di proprietà di un’azienda russa. Quindi il piano di austerity potrebbe coinvolgere anche il settore dei carburanti.
Se dovessimo introdurre l’embargo verso i prodotti russi o il prezzo del carburante dovesse schizzare ulteriormente, potrebbero essere stabilite misure quali auto ferme la domenica o la riduzione dei limiti di velocità. Misure, queste, che l’Italia ha già vissuto proprio nell’Austerity del 1973.
IL PRECEDENTE
DEL 1973
Nell’autunno del 1973, durante la guerra dello Yom Kippur tra Israele e parte del mondo arabo guidato da Egitto e Siria, l’Opec quadruplicò il prezzo del petrolio. I Paesi occidentali presero quindi misure di razionamento dell’energia. Il Governo Rumor varò in Italia il decreto Austerity. Furono quindi introdotte le “domeniche a piedi”, senza le auto, le barche e gli aerei privati, e fu abbassato a 120 all’ora il limite di velocità nelle autostrade. I distributori di benzina restarono chiusi dalle 12 del sabato a tutta la domenica. Le città ridussero l’illuminazione pubblica del 40%, accendendo solo un lampione su due. Gli uffici pubblici anticiparono la chiusura alle 17. 30, i negozi alle 19, i locali alle 23. L’Austerity durò da dicembre del 1973 fino a giugno del 1974.
Un precedente, questo, che potrebbe essere di ispirazione per il Governo Draghi.