PESCARA. Dieci anni e 4 mesi di reclusione. È questa la pena decisa dal gup Mariacarla Sacco al termine del processo con rito abbreviato a carico di Nico Fasciani, il 26enne di Civitaquana finito in carcere per il tentato duplice omicidio dello zio Giancarlo Fasciani e della compagna di quest’ultimo, Paola Palma, avvenuto a Civitaquana il 17 maggio 2023. Determinante, ai fini della quantificazione della pena, l’esclusione della premeditazione che aveva fatto determinare il pm Fabiana Rapino a chiedere 16 anni e 4 mesi di condanna.
«Non posso non manifestare la mia soddisfazione», ha commentato il suo difensore, Guido Carlo Alleva, che ha assistito l’imputato insieme alla collega Maura Morretti, «per il fatto che il giudice abbia accolto la nostra impostazione difensiva escludendo che vi fosse la premeditazione nel fatto che è accaduto, e quindi abbia misurato la pena rispetto alla eccessiva richiesta del pm: una decisione che ha una sua logica e un suo equilibrio».
Il giudice ha anche stabilito che l’imputato dovrà risarcire il danno alle parti civili costituite in sede civile, dando però una provvisionale di 100 mila euro in favore di Giancarlo Fasciani e 50 mila euro per Paola Palma. La condanna, così contenuta, è il frutto dell’arringa di Alleva che al giudice ha fornito una chiave di lettura della vicenda diversa da quella prospettata dalla pubblica accusa, riuscendo a far intendere che anche la versione, fornita per la prima volta dall’imputato nel corso della scorsa udienza, poteva avere una sua fondatezza. E cioè che Nico era un consumatore di cocaina che acquistava dallo zio, che peraltro voleva avviarlo allo spaccio. Quella sera Nico andò a casa di Giancarlo proprio per acquistare la droga e poi vi fu una sorta di minaccia da parte dello zio per un vecchio debito di poche centinaia di euro che Nico doveva ancora. In quel momento l’imputato si sarebbe sentito aggredito e minacciato e fu allora che tirò fuori l’arma (che aveva sempre nel borsello per timore che qualcuno potesse rubargliela) e sparò «all’impazzata» come disse lui stesso, senza sapere dove sparava, prima di fuggire e andare a casa del padre dove venne subito dopo arrestato. Da quel 17 maggio del 2023, giorno della sparatoria, e dopo aver detto ai carabinieri «Ho fatto una cazzata, la pistola è in macchina», Nico Fasciani non ha mai più parlato fino alla precedente udienza quando, prima dell’arringa del suo difensore, ha letto degli appunti fornendo per la prima volta la sua versione dei fatti. Movente, dunque, una questione di droga che Nico non ha mai voluto spacciare per lo zio (indagato a sua volta, in un altro procedimento, con la compagna e altre persone per spaccio di droga). «Non avevo via di fuga», raccontò al giudice, «mio zio mi disse che se non pagavo immediatamente mi avrebbe ammazzato… sentendomi minacciato ho reagito estraendo l’arma: in quel momento non riuscivo a focalizzare, quindi ho iniziato a esplodere colpi all’impazzata, senza né mirare né riflettere». Ed è forse questo il motivo (lo spiegheranno le motivazioni della sentenza) per il quale il giudice ha ritenuto di escludere la premeditazione e infliggere la condanna a 10 anni e 4 mesi, sei di meno di quelli richiesti dalla pubblica accusa.