L’AQUILA. «La prima cosa che sento di dover fare è rivolgere un pensiero alle famiglie e agli amici dei ragazzi che hanno perso la vita in quel terribile terremoto».
Non si placano le reazioni alla doppia sentenza choc dei giudici della Corte d’Appello dell’Aquila, che hanno da poco riconosciuto nella formula della “condotta incauta” il motivo giuridico in grado di negare il risarcimento ai familiari dei sette studenti morti sotto le macerie del terremoto del 6 aprile 2009, riconoscendoli colpevoli, de facto, della loro stessa morte. L’ultima, in ordine di tempo, quella della senatrice Gabriella Di Girolamo, del Movimento 5 stelle. «La nostra terra non è stata più la stessa da quel giorno e il ricordo di quelle ore non potrà mai essere cancellato. Nessuna sentenza riuscirebbe ad alleviare il dolore dei tanti che hanno perso qualcuno. Quei ragazzi erano all’Aquila per studiare, per costruirsi un futuro e imparare a immaginarlo. Vedo i loro sorrisi, le loro preoccupazioni, le difficoltà, l’ansia per gli esami, le delusioni, le soddisfazioni e la gioia. Tutte sensazioni che gli studenti conoscono bene e che affrontano ciascuno a modo loro, consapevoli del percorso che hanno deciso di intraprendere per prepararsi alla vita».
«Fa quindi ancora più male leggere di “condotta incauta”, eccessivo “attaccamento al dovere” e “Niente risarcimento alla studentessa, era troppo attaccata allo studio”. Nicola, Ivana, Enza, Michele, Daniela, Sara, Tonino e Ilaria erano lì per studiare, erano lì per il loro futuro e lì hanno trovato la morte. Non sono stati incauti o superficiali. La morte non l’hanno cercata o sfidata, e sarebbe assurdo anche solo immaginarlo. Erano lì per l’esatto opposto, per studiare e aprirsi alla vita. Le sentenze non si commentano, certo», conclude. «A volte questo succede perché lasciano senza parole, come in questo caso». (t.d.b.)