L’AQUILA. Una striscia di 4.875 metri quadri di un vecchio canale di irrigazione che il Comune si è impegnato ad acquisire e convertire a vantaggio dell’ampliamento di Magione papale e di alcuni impianti sportivi. Almeno stando a una delibera già approvata in consiglio comunale nel 2020. Ma sullo stato dell’arte, a oggi, si addensano solo nubi, a detta di una fetta di opposizione. A fare chiarezza ci hanno così provato i consiglieri di minoranza Stefano Albano, Stefano Palumbo e Stefania Pezzopane per il Partito democratico, affiancati per l’occasione da Simona Giannageli e Lorenzo Rotellini (L’Aquila coraggiosa), Paolo Romano (L’Aquila nuova) e Gianni Padovani (99 L’Aquila). Tutti riuniti in conferenza stampa nella sede del Pd alla presenza anche del segretario dei dem Nello Avellani. «Come consiglieri d’opposizione, nelle settimane passate abbiamo depositato un’interrogazione chiedendo all’amministrazione se l’iter di sdemanializzazione del vecchio canale di irrigazione fosse completato; se la variante urbanistica rispettava le previsioni della legge regionale che prevede che l’ampliamento non superi il 40% della superficie originaria; se la convenzione si fosse perfezionata con la cessione della porzione di terreno prevista» hanno esordito. Denunciando però quella che Albano ha definito «una supercazzola» da parte del dirigente interpellato sul punto, Roberto Evangelisti, parafrasandone la risposta ricevuta: “Andate a rileggervi la delibera”. Per ciò che riguarda invece l’iter di sdemanializzazione», proseguono, «Evangelisti ci ha direttamente invitato a rivolgerci all’Agenzia regionale del demanio. Una risposta inaccettabile nel merito e nel metodo utilizzato. Sta di fatto che, una volta ricevuta, siamo venuti in possesso di un documento della stessa Agenzia del demanio contenente una nota, datata 20 maggio 2024, a firma del direttore regionale, che spiega come “l’area, erroneamente definita sdemanializzata nell’istanza di acquisto presentata, risulta al contrario a tutt’oggi di demanio pubblico dello Stato, mai interessata da apposito provvedimento di sdemanializzazione ai sensi di legge. Pertanto, la stessa è inalienabile”. Non può quindi essere venduta, ceduta, trasferita ad altri» spiegano. Per poi chiedersi: «Un attestato di illegittimità della variante urbanistica» a suo tempo approvata? Dubbi poi sollevati anche sulla «convenzione tra Comune e imprenditore proponente», oltre che sulla legittimità della «partecipazione al relativo bando di gara (Invitalia, ndr). È chiaro», concludono, «che potrebbe configurarsi un pesante danno erariale a carico dell’Ente». Tanto che in conclusione assicurano di «voler andare ancor più a fondo su questa vicenda». (t.d.b.)
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