PESCARA. «Vai a fare la spesa da Nunzio, ma i soldi li hai?». «No, faccio a debito, pagherò quando potrò. Tanto Nunzio segna e non chiede mai niente». Le voci del quartiere si rincorrevano e Annunziato Di Ciano, Nunzio per tutti, segnava, sul quadernetto con la copertina nera e i bordi rossi, i conti di chi pagava in ritardo oppure mai. «Nostro padre ne ha aiutata di gente nel quartiere, era un uomo onesto, dolce e operoso, non si lamentava mai», ricordano Luisa, dipendente Carsa in pensione, Claudio e Franco, 56 e 60 anni, i figli del salumiere scomparso il 3 febbraio 2012 a 83 anni, fondatore nel 1956 del negozio di alimentari all’angolo tra via Rigopiano e via Passolanciano, a cui sono seguiti il punto vendita di piazza Duca degli Abruzzi e via dei Bastioni («chiuso nel 2020 a malincuore»).
Oggi dietro il bancone, con il camice bianco, a continuare la tradizione di famiglia, ci sono Claudio e Franco con la moglie Piera, e i loro figli, Martina, Davide e Daniele, che raccontano una storia di sudore, fatica e continui rinnovamenti, di strategie aziendali e strutturali, per resistere ai cambiamenti delle varie epoche. «Resistiamo perché ce lo ha insegnato il nonno che per tutti noi è stato un esempio», dice orgogliosa la nipote Martina. Nunzio, nato a Lanciano l’8 dicembre 1928, arrivò a Pescara nel 1952. Con la moglie, Rosaria Micolucci di Castelfrentano, oggi 90enne, trovò lavoro all’alimentari di Sebastiano in largo Scurti. Poi la decisione di mettersi in proprio. E nell’anno della grande neve trovò quel «buco», nel quartiere San Giuseppe, in seguito ingrandito e restaurato anche all’esterno con i murales che lo raffigurano mentre affetta la sua famosa mortadella bolognese. Quella che acquistava dai rappresentanti ai quali diceva: «Datemi solo prodotti di qualità, non importa se costano un po’ di più». Quanta acqua è passata dai tempi in cui Nunzio «sempre col sorriso stampato sul volto», ricordano i figli, «accoglieva i clienti che compravano per tutta la giornata, dalla colazione alla cena. La vendita era sfusa, nella carta paglia papà avvolgeva pasta, stoccafisso, sarde, zucchero, conserve, cioccolato, caffè, marmellata, tonno e legumi che raccoglieva con la paletta e nelle bottiglie che portavano da casa metteva latte e olio».
E ancora: «Tanti erano i ragazzi che facevano filone a scuola e venivano a comprare il panino con la mortadella e la domenica pomeriggio alzavano le serrande solo per vendere i pinguini Algida a 10 lire ai bimbi che giocavano in strada. Quanti ricordi con papà non si arrabbiava mai» ed è rimasto dietro al bancone fino al 2007, quando poi ha lasciato il testimone al resto della famiglia. Oggi l’atmosfera è di tutt’altro tenore: «La gente entra e nemmeno saluta, abituata ai supermercati dove nessuno ci fa caso. Papà ci diceva: resistete. Noi ci proviamo, riusciremo a farcela solo con l’aiuto della nostra clientela che ringraziamo ogni giorno da 67 anni».