PESCARA. Derubato della moto, una Bmw S1000 XR, che aveva messo in vendita su internet, in pieno giorno, alla stazione, dal presunto acquirente.
E’ successo, due giorni fa, ad un giovane, M.G., residente in un centro della provincia. Subito dopo il furto, il ragazzo si è presentato in questura per sporgere denuncia con la speranza che la sua motocicletta possa essere ritrovata e il responsabile individuato.
«Tutto», racconta, «è iniziato qualche giorno fa quando ho deciso di mettere in vendita su una piattaforma, una delle più conosciute, la mia moto Bmw. Dopo poco sono stato contattato da un uomo che voleva avere informazioni. Mi sembrava davvero interessato e anche esperto di motori. Così ci siamo più volte sentiti e io gli ho inviato delle fotografie. Poi mi ha detto che voleva vedere da vicino la motocicletta e ci siamo dati appuntamento per giovedì alle 13.30 in uno dei parcheggi della stazione. Lui mi ha spiegato che veniva da Bologna. E alle 13.30 di giovedì», prosegue, «ci siamo incontrati come stabilito. Aveva la mascherina, occhiali e un cappello. Abbiamo parlato, ci siamo messi d’accordo sul prezzo. Ad un certo punto, mi ha chiesto se poteva sedersi sopra la moto per valutare la seduta appunto, l’altezza e lo stato delle sospensioni. Non ho fatto in tempo a rispondere. Come mi sono girato per salutare un conoscente, è salito sul mezzo ed è scappato via a tutta velocità senza che io potessi fare nulla. A quel punto sono andato in questura e ho raccontato quello che mi era appena successo. E», sottolinea M.G., «lo racconto ancora non soltanto nella speranza di riuscire a ritrovare la mia moto, ma anche per cercare di fare in modo che quello che è capitato a me non succeda ad altri. Insomma per mettere in guardia le persone. Da quello che mi è stato riferito questa è una truffa molto diffusa, soprattutto nel Nord Italia».
Sulla persona che lo ha derubato, il ragazzo dice di ricordare che aveva un accento del Nord, aveva sui 50-55 anni, era di media statura e con capelli scuri. «Di sicuro», fa presente, «era un professionista. Dalle indagini svolte nell’immediatezza è stato appurato che il nome e il cognome che mi aveva fornito erano naturalmente falsi e che per contattarmi è stata utilizzata una scheda telefonica, creata nel Sud Italia».