PESCARA. Nello zaino non aveva soltanto la pistola, una Beretta calibro 6,35. Federico Pecorale, fuggito da Pescara dopo aver sparato 5 colpi contro il giovane cuoco Yelfry Rosado Guzman, si portava dietro anche due caricatori con 4 e 8 proiettili, oltre a 1.550 euro, un cellulare – che teneva spento – e altre apparecchiature per il telefonino. La polizia, che lo ha intercettato e braccato in un’area di servizio della A14, a Pesaro Urbino, mentre si dirigeva in taxi in Svizzera, gli ha sequestrato tutto e lo ha sottoposto a fermo per tentato omicidio e per il porto dell’arma. Per lui si sono aperte le porte del carcere di Ancona Montacuto e nella tarda mattinata di oggi, durante l’udienza di convalida al Tribunale di Pesaro, potrebbe raccontare la sua versione dei fatti, sempre che non decida di rimanere in silenzio.
Ad assisterlo ci sarà l’avvocato Florenzo Coletti che lo conosce da anni, venerdì scorso lo ha ricevuto nel suo studio e in questi giorni i due avevano in programma di rivedersi. Pecorale, infatti, stava soggiornando a Pescara dal 4 aprile, aveva pagato per la sua permanenza in hotel fino al 16 aprile e aveva con sé una bella somma di denaro, oltre alla carta di credito con cui ha saldato il conto in hotel.
Coletti ha già ottenuto una parte della documentazione medica dalla famiglia di Pecorale (la madre è in Svizzera, il padre in Francia) che attesta l’invalidità del giovane al 90%, derivante da un incidente stradale avvenuto sulla Variante, a Montesilvano, il 12 novembre 2010. E proprio il riconoscimento dell’invalidità nel 2011 gli ha consentito di ottenere un sussidio, in Svizzera. Attende di, però, altra documentazione dal medico curante di Pecorale e dall’Office de l’assurance invaliditè di Losanna per poi chiedere una perizia psichiatrica sul giovane, ritenendo che abbia problemi psichiatrici.
Pecorale non avrebbe fatto mistero del motivo per cui girava armato. La pistola, ha raccontato, l’ha comprata circa un anno fa per 2.000 franchi e gli serviva per difendersi da chi lo derideva, fidanzati di ragazze che avrebbero voluto frequentarlo. E a Pescara se la portava in giro perché degli stranieri lo avrebbero preso in giro.
Non si è reso conto della trappola che gli ha teso la polizia, da Pescara. La squadra mobile lo stava cercando dalle 14, e prima ha scoperto l’hotel del centro da cui il 29enne è fuggito dopo aver raccattato le sue cose, poi ha scoperto che era stato a casa dei nonni, a Gissi, dove ha mangiato qualcosa, dopodiché gli investigatori hanno intercettato il taxi usato per la fuga e lo hanno fatto bloccare dalla Polstrada di Senigallia nell’area di servizio Metauro. Quando il taxi si è immesso nell’area di servizio Pecorale si è un po’ agitato, ha chiesto spiegazioni, ma non ha opposto resistenza quando i poliziotti sono intervenuti in maniera fulminea e lo hanno bloccato: in quegli istanti il tassista era sceso, come d’accordo con la Mobile che gli aveva dato indicazioni sul da farsi, contattandolo più volte telefonicamente, durante il tragitto. È probabile che non abbia capito fino in fondo la gravità del suo gesto, avendo fatto notare che il cuoco di “Casa Rustì” era ancora vivo. Ma era curioso di sapere quanto tempo sarebbe rimasto dentro.
Intanto la Mobile continua gli accertamenti e ieri ha recuperato nel ristorante di piazza Salotto la quinta ogiva.