CHIETI. Rischia da sei mesi a quattro anni di reclusione per aver installato una microcamera nel bagno dell’ufficio, con tanto di scheda di memoria, procurandosi «indebitamente» le immagini di una collega, spiata mentre era seminuda. Un impiegato teatino di 59 anni è stato citato a giudizio dal sostituto procuratore Giancarlo Ciani per il reato di «interferenze illecite nella vita privata»: l’udienza predibattimentale è in programma il prossimo 24 maggio davanti al tribunale di Chieti. Il nome della società in cui sono avvenuti i fatti e altri dettagli, così come il nome dell’imputato, non possono essere indicati per tutelare l’identità della vittima, assistita dall’avvocato Roberto Ferrone, che si costituirà parte civile e chiederà il risarcimento dei danni. Le indagini sono state condotte dai poliziotti della squadra mobile di Chieti.
Lo scorso 27 giugno, durante la pausa pranzo, la donna si trovava davanti a un computer dell’ufficio e stava salvando una foto, quando è stata indirizzata alla cartella denominata “immagini”. La sua attenzione si è focalizzata su due fotografie, ovvero le ultime in ordine cronologico, che apparivano molto scure, tanto da non riuscire a capire di cosa si trattasse. Nel momento in cui ha deciso di aprirle, cliccandoci sopra, la donna ha scoperto che si trattava di foto scattate nel bagno dell’ufficio che la ritraevano seminuda. Dopo un primo momento di smarrimento, l’impiegata ha raccontato di essersi precipitata nel bagno in questione e di aver notato che, di fronte alla porta d’ingresso, in basso a terra, nel punto in cui erano posizionati alcuni sottovasi vuoti, all’angolo opposto del wc, c’era una striscia di polistirolo di colore grigio-nero, per intenderci quelle che si usano per imballare i toner, al cui interno – in un incavo – era stata installata una telecamera di piccole dimensioni.
A quel punto la donna ha scattato foto e girato video per cristallizzare la scena, poi è tornata nella sua stanza. Dopo qualche minuto, sempre secondo il suo racconto, ha visto uscire frettolosamente dal bagno il cinquantanovenne, mentre cercava di nascondere qualcosa in mano. Insospettita dalla scena, la dipendente è tornata nel bagno e ha notato che la telecamera era scomparsa. In prima battuta, anche per via dell’imbarazzo che le avrebbe comportato mostrare quelle foto trovate sul computer, la donna ha informato solo il suo legale e la responsabile dell’ufficio. In un secondo momento, ha formalizzato una denuncia in questura, temendo anche una diffusione delle immagini intime.
Nei giorni successivi, la polizia ha perquisito l’abitazione e l’ufficio dell’uomo, sequestrando materiale e dispositivi informatici, poi analizzati dall’esperto Gianfranco Del Prete, nominato come consulente dal pubblico ministero. Dai successivi accertamenti è emerso «inconfutabilmente» che l’imputato ha adoperato «la micro sd all’interno di una microcamera, occultando in più occasioni quest’ultima all’interno della toilette del proprio ufficio, procacciandosi indebitamente immagini di coloro che utilizzavano i servizi igienici e trasferendo successivamente le registrazioni effettuate su uno smartphone, una pen drive e un tablet mediante l’utilizzo di un notebook».
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