TERAMO. Uno scenario che il pm Stefano Giovagnoni nei primi atti dell’inchiesta non ha esitato a definire «altamente preoccupante» proprio per il coinvolgimento di giovanissimi presunti artefici dello spaccio di droga oltre che di giovanissimi consumatori. E nei giorni in cui il caso pescarese del 16enne ucciso da due coetanei per della droga non pagata diventa storia nazionale su cui interrogarsi tutti, le indagini sul maxi giro di hascisc nel capoluogo approdano in tribunale.
Il gip Marco Procaccini ha accolto la richiesta del pm e per dieci dei 14 destinatari di misure cautelari ha disposto il giudizio immediato. La prima udienza è in programma l’11 ottobre. Per quella data il giudice ha disposto l’inizio del processo per : Hamza Laaquini, cittadino marocchino di 26 anni residente a Teramo; Matteo Firmani, 25 anni, residente a Teramo; Ibrahim Ijambu, cittadino gambiano di 28 anni residente a Teramo; Giovanni Capriotti, 23 anni, teramano: Alessia Collalti, 20 anni, teramana; Mounssif Lagmiri, cittadino marocchino di 24 anni, residente a Mosciano; Ismail Dakraqui, cittadino marocchino di 21 anni residente a Bellante; Danilo Campanella, 19enne teramano; Manuel Cerino, 25enne teramano e Andrea Giuseppe Ferrajolo, 20enne teramano. Tutti devono rispondere di violazioni dei reati previsti dal testo unico sugli stupefacenti.
Secondo investigatori e inquirenti – al momento si tratta di accuse che dovranno essere accertate nel processo – l’attività di spaccio era diretta soprattutto al mercato dei giovanissimi. Un’analisi che, sempre secondo l’accusa, trova conferma anche in alcuni sistemi usati per occultare la sostanza: i panetti di droga nascosti con la carta dei dolci, in particolare di barrette di cioccolato tra le più consumate dai ragazzini. Perché lo spaccio cambia volto e il mercato si modifica, a cominciare dai canali di vendita sulle piattaforme online. Obiettivo di investigatori e inquirenti resta quello di ricostruire ogni dettaglio della la fitta rete di collegamenti che, secondo l’accusa, ormai da tempo faceva da sfondo alla cessione di sostanza stupefacente in varie zone della città: piazzetta del Sole, lungofiume Vezzola, piazza Garibaldi, giardini di piazza Nassiriya, piazzale San Francesco.
Decine le intercettazioni telefoniche e ambientali finite nell’inchiesta: a scandire le meticolose indagini dei carabinieri della compagnia di Teramo anche centinaia di immagini di sistemi di videosorveglianza e riprese investigative che hanno immortalato le decine e decine di cessioni che sarebbero avvenute dopo contatti sulle piattaforme social e con la parola d’ordine “Caffè”. Per la Procura teramana era il ruolo di alcuni minorenni a fare la differenza (per loro procede la Procura per i minori dell’Aquila). Secondo l’accusa – tutta ancora da dimostrare nel processo – erano loro ad acquistare la droga, in alcuni casi da cittadini marocchini, per poi venderla ad alcuni nordafricani per il successivo spaccio al minuto soprattutto nella zona del lungofiume Vezzola.
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