PESCARA. La prima reazione della politica nazionale dopo la lettura della sentenza sulla tragedia di Rigopiano è quella del ministro Matteo Salvini della Lega: «Ventinove morti, nessun colpevole (o quasi). Questa non è giustizia, questa è una vergogna», dice Salvini con un messaggio che non ha bisogno di interpretazioni. Venticinque assoluzioni e cinque condanne a fronte di pene per 151 anni richieste dalla procura: «Tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà ai familiari delle vittime innocenti», aggiunge Salvini che ha postato sulla sua pagina Facebook il video in cui Alessio Feniello, papà di Stefano, il 28enne prima dichiarato vivo e poi invece morto, contesta la sentenza e dice: «L’Italia è un paese finito». Un gesto d’impatto quello del ministro: in pochi minuti, quel filmato alimenta una ridda di commenti in cui domina la parola «vergogna».
È un messaggio atteso quello di Salvini che, in occasione del secondo anniversario della tragedia nel 2019, era arrivato a Farindola da ministro dell’Interno per sfilare al fianco dei parenti. Con Salvini, nel 2019 a Rigopiano, c’era anche un altro ministro, Luigi Di Maio. E sempre nel 2019 anche Giorgia Meloni aveva rivolto un «pensiero» alle 29 vittime e «un ringraziamento ai vigili del fuoco e ai volontari»: ieri, fino a tarda notte, nessuna presa di posizione ufficiale del premier. Ma proprio alla Meloni, in un video rilanciato dall’Ansa, si appella il sopravvissuto Giampaolo Matrone: «Ora, dopo questa sentenza, deve prendersi la responsabilità di intervenire».
Anche il presidente della Regione, Marco Marsilio di Fratelli d’Italia, non si aspettava una sentenza in cui dominano le assoluzioni: «La sentenza provoca dolore e sorpresa, e non possiamo non comprendere i sentimenti dei familiari delle vittime e dei superstiti. Allo stesso tempo», dice Marsilio, «abbiamo il dovere come rappresentanti delle istituzioni di rispettare la sentenza e di prendere atto della decisione del giudice». E il governatore non esclude che la Regione farà appello: «Naturalmente, per esprimere un giudizio più completo e valutare le eventuali ulteriori azioni che la Regione potrà e dovrà intraprendere, dobbiamo attendere la pubblicazione delle motivazioni, che leggeremo e studieremo con la necessaria attenzione».
«Capisco la disperazione dei familiari delle vittime», dice Giuseppe Conte, presidente del M5S ed ex premier, «ovviamente le sentenze vanno lette nelle motivazioni, quindi non posso permettermi di giudicare. Però, obiettivamente, è stata una tragedia che ci ha colpito tutti: è chiaro dai fatti emersi che sono stati accumulati dei ritardi nei soccorsi. E, da questo punto di vista, sicuramente sorprende che di una vicenda processuale così complessa e così dolorosa per le vittime il risultato sia questo. Però lo dico», afferma Conte, «con tutto il rispetto per i magistrati che hanno operato: leggiamo la motivazione e forse capiremo qualcosa di più». Sempre dal M5S, interviene la deputata Daniela Torto: «Nessuna sentenza potrà ridare indietro quelle vite spezzate e tutte le lacrime degli italiani. La ferita di Rigopiano è ancora aperta. Leggeremo le motivazioni della sentenza, al momento mi stringo ancora di più alle famiglie delle vittime di una tragedia tanto assurda quanto evitabile. Soltanto un dubbio: di chi sono allora le responsabilità di quelle morti e dei ritardi dei soccorsi?».
Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra 90 giorni. Le cinque condanne per il disastro di Rigopiano riguardano il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e 4 mesi di reclusione ciascuno), il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta (due anni e 8 mesi), accusati tutti e tre di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose; il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società Gran Sasso Resort & spa, Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto (6 mesi ciascuno), accusati di falso.
Tra gli assolti figurano anche esponenti di spicco della Regione, a partire da Antonio Sorgi, attuale direttore generale, e poi i dirigenti Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi ed Emidio Primavera, e Sabatino Belmaggio, dal 2010 al 2016 responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione.