CHIETI. «Ho un vantaggio non incolmabile» rivela Marco Marsilio rispondendo alla settima domanda del primo faccia a faccia con il rivale Luciano D’Amico. È come se dicesse: “Prova a prendermi”. La vera sfida elettorale tra i due che si contendono il posto di presidente della Regione è partita ieri dagli studi televisivi di Rete 8. Marsilio arriva su un caravan sponsorizzato e impugna una cartellina di documenti. D’Amico lo precede di dieci minuti e lo accoglie con un saluto cordiale «Buongiorno presidente». Ma non è pretattica.
L’ex rettore di Teramo è fatto così, non cerca mai lo scontro e la rissa. Chi sta dall’altra parte può restare spiazzato, non Marsilio che accetta la prima sfida, quella del fair play, e dice all’avversario: «Diventeremo presto amici».
SUONA IL GONG
Il confronto televisivo dura un’ora e mezza, di alto livello e con un solo colpo basso inferto da Marsilio a D’Amico che non si scompone. Incassa la battuta del candidato di centrodestra e taglia corto con il sorriso stampato sul volto: «Io sono Luciano D’Amico non Luciano D’Alfonso».
Ma non è remissivo, l’ex rettore che in altre due circostanze rifila stoccate di fioretto al governatore di Fratelli d’Italia. Puoi parlare di un pareggio o di una stretta vittoria ai punti dell’uno o dell’altro – dipende dai punti di vista – ma non di un ko tecnico che, nel gergo della boxe, sta per una vittoria netta anche se lo sconfitto non crolla sul ring.
IL POPOLO DEL NON VOTO
Entrambi, Marsilio e D’Amico, sono d’accordo su un punto: la partita può decidersi anche nell’ultimo miglio di campagna elettorale. Vantaggi o svantaggi a parte, vince chi dei due saprà conquistare prima dell’altro il popolo degli indecisi, il primo partito che con il suo 50% batte sia il centrodestra sia il Patto per l’Abruzzo. Da questa domanda prende il via il confronto in tv condotto dai direttori del Centro e Rete 8, Piero Anchino e Carmine Perantuono. «Ho visitato, uno ad uno, i 305 comuni abruzzesi», risponde Marsilio a proposito di quei 600mila cittadini da convincere a fidarsi dei politici votandoli il 10 marzo prossimo. «Il nostro programma è stato scritto insieme agli abruzzesi», è invece la strategia di D’Amico. Anche la domanda successiva, la più delicata, non genera divergenze: che cosa ha insegnato Rigopiano e come ne esce la politica?
UNITI SU RIGOPIANO
«La Regione è stata vicina alle famiglie delle vittime. Il mio impegno era di evitare la prescrizione», sottolinea Marsilio, citando la richiesta alla presidente della Corte d’Appello, Fabrizia Francabandera.
«Ma Rigopiano», aggiunge, «ha fatto emergere che tra le istituzioni regnava la confusione». D’Amico guarda avanti: «Si può solo esprimere vicinanza e trarne insegnamento. Con il nostro programma una Rigopiano non accadrà più».
E finora è parità assoluta ma è solo l’inizio. Già il round successivo delle risposte accende la sfida. Per par condicio la prima mossa passa all’ex rettore che alla domanda sull’automotive in Val di Sangro si chiede come riesca Stellantis ad esportare mille furgoni al giorno senza avere un sistema di trasporto adeguato. E suona la sveglia al rivale ricordandogli i tempi imposti dalla transizione ecologica (2035) che ridurrà inesorabilmente l’occupazione. L’altro gli ribatte: «Stiamo realizzando infrastrutture dopo decenni di nulla». E fa un elenco di opere su rotaie, sottolineando che la sua Regione sta mettendo in pratica «la famosa agenda Marchionne». Dall’altro angolo del ring D‘Amico sorride, magari pensa a Giorgia Meloni quando parla del suo “piano Mattei per l’Africa”. Altra domanda, altra schermaglia: la riforma della rete ospedaliera può garantire la sanità per tutti?
NESSUNO HA SCELTO
D’Amico, che risponde per primo, dà un’altra stoccata: «È un piano che non fa scelte né di specializzazioni ospedaliere né di Dea di secondo livello».
E aggiunge: «Con i 108 milioni spesi in una anno per la mobilità passiva la Regione avrebbe potuto assumere personale». Ma il presidente ricandidato gli ribatte: «È un modello, il nostro, diventato un esempio per il resto d’Italia perché finalmente esce fuori dai parametri del decreto legge Lorenzin», e rilancia: «Chiedo al mio avversario quale dev’essere l’ospedale Dea di secondo livello e perché loro, prima di me, non l’hanno scelto». Già, perché non è stato fatto prima?
ATTENTI ALLE MINE
L’argomento Borsacchio, poi, è un campo minato per entrambi. Per Marsilio lo è perché, dice D’Amico, «è un doppio errore, di metodo (l’emendamento che taglia la riserva approvato alle 3 di notte in Consiglio regionale) e di merito (le riserve in Abruzzo hanno un valore strategico. Tagliare la parte collinare di mille ettari significa cancellare il Borsacchio)». Per D’Amico, o meglio per i partiti che lo sostengono, dice invece Marsilio, il taglio «è stato il frutto dell’esasperazione. Non si può istituire una riserva (nel 2005) e poi restare 20 anni senza fare nulla. Chi non sa fare non pretenda di governare». E ancora: «Non parlate di cementificazione perché su quelle colline non si può comunque costruire nulla». Ma apre al dialogo e afferma: «Adesso siamo a disponibili a ridiscuterne».
IL RISULTATO NON È NOTO
Il tema successivo è il più intrigante. Marsilio svela che dopo l’indagine statistica di Fratelli d’Italia ce n’è stata un’altra (non diffusa) commissionata da Forza Italia all’agenzia Noto: «Entrambe registrano un vantaggio importante ma non incolmabile». Ma D’Amico risponde: «Il sondaggio di FdI ci dà il 46% ma non considera la lista civica (Abruzzo Insieme) ed i Riformisti. Che sondaggio è?». Andiamo avanti.
DA PAGINA 31 AL MOLISE
Lavoro, quali sono i veri dati e cosa fare per fare restare in giovani in Abruzzo? «Gli occupati hanno superato il mezzo milione di unità, c’è una crescita evidente», sostiene Marsilio, «cinque anni fa trovai una Regione dove Brioni stava licenziando, ora a Penne è sbarcato Cucinelli». Ma D’Amico, in questo round, l’8°, sfila l’asso dal mazzo: la pagina 31 del Defr, il Documento economico finanziario della Regione Abruzzo, «dove voi stessi scrivete che siamo una delle tre regioni d’Italia rimaste sotto i livelli pre-pandemia. Questo è l’Abruzzo dei disoccupati». E poi… fondi statali ed europei: sono sufficienti? «La coperta è sempre corta», ammette Marsilio, «bisogna concentrarsi sulle priorità». Ma l’altro, con fare accademico, sciorina numeri: «Per ogni abruzzese ci sono 994 euro, in Molise e in Basilicata ne hanno mille a testa». E risponde sui giovani in fuga: «Lasciano l’Abruzzo perché le occasioni di lavoro non sono adeguate alle loro specializzazioni».
STREMATI IN CORSIA
La protesta dei trattori viene liquidata in un paio di battute: «La Regione può fare di più», dice D’Amico. Per Marsilio, invece, «la partita vera si giocherà a giugno con le elezioni europee». Mentre più sentito è il tema delle aggressioni troppo frequenti agli operatori della Sanità. Come intervenire? «Rendendo meno stremante il lavoro nei pronto soccorso», è la ricetta del candidato del Patto. «Confidiamo molto nel progetto delle Case di Comunità così come abbiamo incrementato le assunzioni», sono le soluzioni che Marsilio dice di aver già adottato.
Sulle scuole e il dimensionamento degli istituti, D’Amico si impegna a «sostenere i giovani che vogliono studiare per specializzarsi». Marsilio invece smonta la polemica sui tagli: «Il dimensionamento è un obbligo imposto dagli ex governi Conte e Draghi ma non si è chiusa nessuna scuola, si sono solo accorpate le dirigenze. Le case degli studenti sono tutte in lavorazione. Ammetto però che c’è un difetto, che mi impegno ad affrontare: la Regione erogherà le borse di studio prima di ogni Natale». Fin qui è pari e patta. Ma il finale crea la differenza.
C’È LUCIANO E LUCIANO
Due i temi al centro dell’ultima parte del confronto. Il primo è la proposta di D’Amico del trasporto pubblico gratuito, che Marsilio taccia come una mera «promessa elettorale» che alla Regione costerebbe «30 milioni di euro l’anno».
L’argomento quindi è il Tpl, trasporto pubblico locale, che induce Marsilio a elogiare la società regionale Tua, concedendo il fianco al rivale che al volo gli risponde: «Conosco bene la situazione di Tua, mi permetto di ricordare che l’ho creata io». E replica: «Il Tpl gratuito non è un regalo di Natale».
Sull’aeroporto le parti si invertono: Marsilio sfodera i dati record di quest’anno, mostra il cartello con i numeri messi a confronto con l’ex giunta e sferra il colpo basso: «Le consiglio di non vantare le gesta del suo mentore Luciano D’Alfonso perché nessuno lo rimpiange». Ma l’altro non cade nella provocazione, né rilancia come avrebbe potuto fare citando a sua volta Giorgia Meloni. Troppo rischioso, avrà pensato l’ex rettore, dare a Marsilio l’assist per parlare della filiera politica FdI-Abruzzo-Governo: «Non ho bisogno di un mentore», afferma. «Ho grande stima del mio predecessore ma io sono Luciano D’Amico e non Luciano D’Alfonso».
Ebbene, chi dei due ha vinto il primo faccia a faccia?
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