CHIETI. Lo scandalo scoppiò nel 2014 con un esposto in procura degli istituti riuniti di assistenza San Giovanni Battista che denunciavano libretti postali e conto-correnti svuotati, per un totale di oltre 120mila euro, ai danni di cinque ricoverate nella struttura, ad opera di due dipendenti delle ex case di riposo. A dieci anni dall’esposto che diede il via al processo nei confronti delle due dipendenti, la vicenda si chiude ora con la sentenza della Cassazione dello scorso 9 febbraio. Nel 2019, in primo grado, il tribunale aveva condannato a 5 anni per circonvenzione di incapace Patrizia Cavalli, che ricopriva il ruolo di coordinatrice dell’area educativa, e Marta Mantini, che era coordinatrice delle infermiere. Le due hanno fatto ricorso e l’anno scorso è arrivata la sentenza in appello che ha dichiarato prescritto il reato penale. Essendo, però, rimasta in piedi la causa civile per il risarcimento danni alle parti civili (lo stesso istituto e i parenti delle anziane), le due hanno fatto ricorso anche in Cassazione, che il 9 febbraio lo ha rigettato. «A dieci anni dalla mia segnalazione in procura, sì è giunti alla sentenza definitiva pronunciata dalla Cassazione», dice il presidente del consiglio di amministrazione della Asp (Agenzia servizi alla persona di cui fa parte il San Giovanni Battista) Concezio Tilli, «la quale sigilla definitivamente il caso degli ammanchi su alcuni libretti postali di ospiti assistiti nella Asp, all’epoca Ipab San Giovanni Battista. L’indagine portò al rinvio a giudizio di due dipendenti dell’ente. Il primo giudizio, pronunciato con sentenza 188/19 (14 marzo 2019) da parte del tribunale di Chieti, riconobbe fondato l’impianto accusatorio condannando le imputate, sia per la parte penale che per la responsabilità civile, impegnandole al risarcimento delle parti danneggiate. La Corte di Appello dell’Aquila con sentenza 1048/23, in udienza del 14 aprile scorso, si è espressa in parziale riforma della prima sentenza del 2019 (alla quale riconosce l’esenzione da censure sia sotto il profilo della ricostruzione dei fatti, sia sotto il profilo delle argomentazioni logico-giuridiche poste a fondamento del giudizio di colpevolezza) con il non doversi procedere penalmente nei confronti delle medesime per prescrizione, confermando tutto il resto. La Cassazione ha ritenuto di non accogliere l’istanza delle dipendenti arrivando nei fatti al giudizio definitivo. Hanno rappresentato l’ente l’avvocato Elisabetta Casari nel primo grado e in appello e l’avvocato Alessandro De Iuliis in Cassazione. Ad entrambi il riconoscimento di aver ben difeso il San Giovanni Battista». L’attuale consiglio di amministrazione del San Giovanni, composto dal presidente Tilli e dal consigliere Augusto Di Boscio, ha sempre seguito con attenzione l’avanzamento del percorso giudiziario e ora è pronto a promuovere azioni a salvaguardia dei danni subiti. Al di là del danno ai pazienti e di immagine alla struttura, c’è anche il fatto che alle due dipendenti, pur essendo state sospese dal 2017, è stato corrisposto per legge un minimo stipendiale pur non lavorando. E al posto loro l’ente ha dovuto assumere altre figure che svolgessero le loro mansioni. Per un ente che è da sempre in gravi difficoltà economiche, come dimostra il caso del recente pignoramento, si è trattato di un danno economico rilevante che ora si cercherà di recuperare.
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