
PESCARA. Una sentenza della Cassazione, depositata qualche giorno fa, riaccende i riflettori sull’annosa questione che riguarda i danni che provocano i cinghiali agli automobilisti e all’agricoltura, ribadendo che i risarcimenti dei danni sono comunque a carico della Regione Abruzzo.
L’ultima causa che riapre questa querelle mai risolta definitivamente, è quella relativa al ricorso presentato dalla presidentessa dell’Avas (l’associazione vittime animali selvatici nata nel 2016), l’avvocatessa Anna Franca Rossetti, a seguito di un incidente che nel 2017 vide vittima un automobilista la cui autovettura venne gravemente danneggiata (circa 6 mila euro di danni) da un cinghiale di 150 chili. «Il filone della Cassazione», afferma il legale, «ormai è unanime: non ci sono pronunce che discordano, ma purtroppo da quest’anno si torna a dover affrontare una serie di cause per ottenere quello che invece si era riusciti a recuperare, anche se parzialmente, grazie a una polizza assicurativa».
Il problema, secondo l’associazione, è proprio questo: e cioè che la Regione a guida Marco Marsilio non ha rinnovato questa polizza che garantiva alle vittime, senza dover affrontare una causa, di rientrare dei danni subiti (bastava presentare un prestampato senza dover far neppure ricorso a un legale). La sentenza dei giudici romani è chiarissima. Ha cassato la sentenza di secondo grado della Corte d’Appello dell’Aquila del febbraio 2020, che dava ragione all’appellante Regione (il giudice di pace aveva invece fissato il risarcimento del danno in favore dell’automobilista in 3.800 euro), e ha rimesso gli atti al secondo grado della Corte aquilana per formulare una sentenza che riprenda le motivazioni dei giudici romani.
«I danni cagionati dalla fauna selvatica», si legge in sentenza, «sono risarcibili dalla Pubblica amministrazione a norma dell’articolo 2052 del codice civile, giacché, da un lato il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema». Nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici, quindi, la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, «in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico».
E la Cassazione aggiunge anche che «la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio delle funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno».
L’Avas, insieme ad altre associazioni che da anni lottano per avere un regolamento chiaro sulla questione, era arrivata anche a presentare una proposta di legge regionale che però non ha mai avuto seguito e così, come spiega la presidente dell’associazione, «si sono moltiplicate le cause relative ai risarcimenti danni per gli automobilisti causati dai cinghiali. Tutto sembrava essersi risolto con quella polizza assicurativa sottoscritta da un broker milanese con i Lloyd’s di Londra fino al luglio scorso», rimarca Anna Franca Rossetti, «quando non è stato rinnovato quella polizza, costringendo così nei fatti le vittime di turno, che sono diverse centinaia in Abruzzo, a rivolgersi nuovamente alla giustizia civile con tempi di definizione della causa che si aggirano sui cinque anni».