SAN BENEDETTO DEI MARSI. Gli occhiali scuri dei guardiaparco che da ormai tre giorni sono impegnati nelle ricerche dei cuccioli di Amarena non nascondono la commozione per la perdita dell’orsa simbolo d’Abruzzo. «In fondo, lei faceva parte della nostra famiglia», dice uno dei più esperti dopo aver setacciato le sterpaglie tra le campagne di San Benedetto dei Marsi. L’uccisione di mamma orsa ha segnato una ferita nel cuore degli abruzzesi; in molti si erano affezionati al plantigrado, diventata negli anni autentica star sui social. Ma la brutale perdita di Amarena apre scenari preoccupanti anche sotto il punto di vista biologico, visto che l’orso bruno marsicano è ritenuto una specie a rischio estinzione: gli esemplari stimati sono tra i 50 e i 60. Un patrimonio che esige tutela da parte dell’uomo. La loro presenza è minacciata in particolare dalla continua e costante antropizzazione del territorio. E già soltanto la morte di uno degli orsi marsicani rappresenta un elemento da non sottovalutare. Ne è convinta anche Roberta Latini, una delle biologhe del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise che ha preso parte alle operazioni di ricerca dei due cuccioli: «Oltre che una sconfitta culturale e sociale, l’uccisione di Amarena costituisce un danno enorme anche sotto il profilo biologico». Un’orsa eccezionale. Speciale. Unica: «Negli ultimi 30 anni non si era mai verificato che un’orsa partorisse quattro cuccioli e li portasse in vita fino al termine del periodo di svezzamento. Si consideri», sottolinea Latini, «che il tasso di mortalità dei cuccioli di orso è del 50 per cento nel corso del primo anno di vita. Amarena è riuscita a far sopravvivere quattro cuccioli e stava completando lo svezzamento anche per gli altri due». Seppure – aggiunge la biologa – «Amarena sia sempre stata ritenuta un’orsa problematica, vale a dire eccessivamente confidente nei confronti dell’uomo». Non solo. «Uccidendo un’orsa femmina», evidenzia ancora Latini, «si va a colpire la parte più importante della popolazione, in quanto sono le esemplari femmine a garantire il futuro e la prosecuzione dell’intera specie. Con Amarena, inoltre, se ne va uno degli esemplari più prolifici mai rilevati dal Parco, che tra l’altro non aveva mai dato segnali di aggressività». In più c’è l’altro aspetto legato alle politiche di conservazione della specie e di convivenza con l’uomo: «Quanto avvenuto vanifica anni e anni di duro lavoro volto alla protezione e alla salvaguardia della specie». Assume allora ancora più importanza la messa in salvo dei due orsetti: «Si tratta di un’attività molto complessa», confessa, «il nostro obiettivo è quello di salvarli e introdurli in un’area a loro favorevole, lontana da quella fucense dove sono concentrate le ricerche». Una vera e propria corsa contro il tempo: «Possiamo dire che gli animali sono autosufficienti per procurarsi il cibo ma l’assenza della madre li rende più vulnerabili in quanto non in grado di difendersi dagli altri animali selvatici». L’appello è quello a tenere comportamenti corretti in questa fase delicata delle ricerche: «Bisogna evitare di inseguire gli orsi e soprattutto moderare la velocità lungo la statale da Pescina a Venere (dove sono concentrate le operazioni, ndr)». Anche il sindaco di San Benedetto dei Marsi, Antonio Cerasani, ha invitato la popolazione al rispetto delle regole (è stata emanata l’ordinanza con il divieto di avvicinamento alle squadre di ricerca), ribadendo l’importanza di segnalare eventuali avvistamenti, anche nei paesi limitrofi, al 112. Insieme alle altre biologhe Elisabetta Tosoni e Daniela Gentile, e a Daniela D’Amico (responsabile della comunicazione del Parco), Latini è una delle protagoniste del documentario “Il marsicano – L’ultimo orso”, prodotto da Sky Italia e ritrasmesso sulla pay tv proprio in questi giorni. Un reportage che racconta a trecentosessanta gradi lo splendore della specie degli orsi marsicani, comprese le immagini della tana – incastrata in una grotta – in cui Amarena ha dato alla luce i suoi quattro cuccioli, tra cui Juan Carrito. (l.p.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA .