TERAMO. Nel corso della sua carriera ha fatto nascere 2.286 bambini. L’ultimo, anzi l’ultima, una settimana fa, nel suo ultimo giorno di lavoro. Maurizio Calandra, unico ostetrico d’Abruzzo, è andato in pensione il primo gennaio portando con sé 46 anni di professione nella sanità, 33 dei quali dedicati alle donne e ai neonati. Gli studi di infermieristica, la laurea e il desiderio di seguire una strada ben precisa: far nascere bambini.
Nel 1990 Calandra corona il suo sogno e diventa ostetrico. Lavora in diverse strutture delle Marche, poi torna in Abruzzo: Pescara, Sant’Omero, Atri, Giulianova e nel 2008 Teramo. Qui, all’ospedale Mazzini, ha concluso pochi giorni fa la sua carriera: l’ultimo cartellino timbrato, gli abbracci, la torta e gli auguri delle colleghe. E un nuovo pezzo di strada che comincia per un uomo che, nel suo piccolo, ha sdoganato qualche pregiudizio, ha fatto battaglie per restituire il giusto valore alla professione, ha messo il suo sapere a disposizione delle giovani colleghe nella convinzione che «questo lavoro si fa per passione: i parti in ospedale per noi non sono numeri, sono qualcosa di speciale, di incredibilmente emozionante», dice Calandra che ha tenuto il conto delle vite che ha contribuito a far nascere perché «ognuna di esse è stata una soddisfazione grande: l’ultima bimba, Asia, è nata nel mio ultimo giorno di lavoro. Una bambina sana e bellissima».
Il desiderio di diventare ostetrico Calandra l’ha sempre avuto, nonostante in quel ruolo, da sempre, ci siano quasi esclusivamente donne: «Mi ha sempre affascinato l’idea di aiutare le donne a partorire: nei paesi la figura dell’ostetrica era quella nella quale si riponeva la fiducia massima ed era ciò che volevo essere», racconta Calandra, che ha non solo lavorato per le donne, ma anche con le donne. Circondato soprattutto da colleghe, ha imparato che «per andare d’accordo con loro basta parlare poco, l’indispensabile», dice scherzando. Il dialogo garbato è invece alla base dell’approccio con le partorienti: «Molte restano sorprese nel vedere un ostetrico: non è cosa consueta, qualcuna mostra diffidenza. Bisogna conquistare la fiducia della donna, col dialogo, spiegando il percorso che si farà, allentando al massimo la tensione che normalmente c’è in quei momenti», aggiunge. «Le donne, negli anni, sono cambiate: per età del primo parto, oggi oltre i 38 anni, per approccio con la gravidanza, spesso vissuta come una malattia. Il mio consiglio è di vivere con naturalezza la gravidanza, è il modo corretto per arrivare al meglio al parto». Per Calandra, che ha fatto venire al mondo anche le sue due figlie, la soddisfazione più bella resta quella di «vedere adulti i bambini che ho fatto nascere: è come se fossero tutti un po’ figli miei».
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