PESCARA. «Gabriele D’Annunzio amava tanto Pescara ma, dalla morte della madre, forse per il troppo dolore, non ci mise più piede. D’Annunzio morì, il 1° marzo del 1938, con uno e un solo atto amministrativo che lo legava all’Abruzzo: la cittadinanza onoraria di Chieti, concessa il 24 giugno del 1904 in occasione della prima della “Figlia di Iorio” al Teatro Marrucino». Chieti riscopre e celebra l’anima teatina del pescarese D’Annunzio e lo fa per mano dell’associazione Noi del G.B. Vico, che riunisce gli ex studenti del liceo classico. Lo “scippo” di D’Annunzio? Non proprio: è il Vate che abbatte i confini. «La nostra associazione vuole rendere omaggio a D’Annunzio almeno una volta l’anno», spiega Cipollone di Noi del G.B. Vico.

L’appuntamento del 2022 è per il 1° giugno alle 18 quando, alla Casina dei Tigli nella Villa comunale, sarà presentato “Il brindisi del Poeta astemio”, libro scritto dal teatino Enrico Di Carlo e dal modenese Luca Bonacini, con cena dannunziana.

E allora D’Annunzio “conteso” tra Chieti e Pescara? Non c’è sfida su questo terreno per l’assessore pescarese Luigi Albore Mascia, l’ex sindaco che nel 2010 ha coniato lo slogan della Città Dannunziana fino a diventare cittadino onorario di Gardone Riviera, patria del Vittoriale: «D’Annunzio è patrimonio di tutto l’Abruzzo, ormai le linee di demarcazione tra i campanili sono obsolete. Mi fa piacere che il senso di appartenenza di D’Annunzio all’Abruzzo si estenda anche a 12 chilometri da Pescara: complimenti ai chietini che vogliono riscoprire un personaggio trovando assonanze anche con la loro città: sono certo che D’Annunzio non ne avrebbe fatto una questione di campanili. Gabriele era un abruzzese doc: orgoglioso di essere abruzzese tanto da parlare anche in dialetto con la servitù del Vittoriale»

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