TOLLO . Il ballerino Luigi Civitarese è rientrato in Italia da Israele martedì e ha riabbracciato i familiari nella sua casa di Tollo. Una testimonianza davvero drammatica su quanto sta accadendo nelle zone del conflitto tra arabi e israeliani. Quella che il giovane danzatore della “Kibbutz contemporary dance company” riporta è un’esperienza che non scorderà per il resto della vita. Luigi ha 21 anni, si forma alla scuola New step di Francavilla, nel 2020 entra nella compagnia di balletto con sede in Israele e lì colleziona successi ed emozioni. «Mi sono sempre sentito sicuro in Israele», esordisce Luigi, «vivevo a nord vicino al confine con il Libano e la zona è sempre stata tra le più tranquille». Il riacutizzarsi della guerra però cambia tutto: «Già durante lo scorso anno avevo vissuto un bombardamento avvenuto nelle vicinanze del luogo in cui abitavo, mi sono rifugiato in un bunker, lì le case ne hanno tutte uno, oppure hanno un’area dedicata al riparo». All’inizio del conflitto, in realtà, la regione dove ha casa Luigi, all’opposto di Gaza, sembra non essere intaccata dalla guerra. Molti ragazzi e amici, residenti invece a Tel Aviv dove gli scontri a fuoco sono molto frequenti, viaggiano verso nord per mettersi al sicuro. Poi la situazione precipitata: «Quando ci ha convocato il direttore del corpo di ballo e ci ha comunicato che anche il Libano era pronto ad attaccare mi sono allarmato. Lui ci ha consigliato di rientrare ognuno nel nostro Paesi d’origine. Io insieme ad altri tre colleghi italiani abbiamo sentito l’esigenza di tornare ed è iniziato il nostro viaggio verso l’Italia».
Una doccia fredda per il ballerino abruzzese, che in poche ore deve realizzare cosa stava succedendo e decidere cosa fare: «Ho preparato una valigia piccolissima, ci ho messo dentro poche cose, quello che mi è capitato prima tra le mani, l’ho chiusa e l’unica cosa che mi interessava era arrivare all’aeroporto». Una vera corsa contro il tempo quella di Luigi e dei suoi tre amici, che salgono sul primo treno per Tel Aviv e, dopo 40 minuti circa dalla partenza, sentono suonare la sirena che annuncia l’inizio dei bombardamenti: «Ho avuto paura perché noi eravamo riusciti a prendere il mezzo. Altri, invece, sono stati collocati nei bunker. Hai dai 5 ai 15 secondi per entrarci». Per Luigi e i suoi colleghi questo viaggio in treno è come vivere un film: «Durante la tratta il treno si è fermato e una voce all’altoparlante ci ha obbligati a chiudere i finestrini e ripararci sotto i sedili per un possibile attacco, poi le persone del posto ci hanno tranquillizzato, questo è durato qualche minuto e poi siamo ripartiti». Quello che fa più paura al giovane ballerino è la presenza di terroristi nelle città, che possono palesarsi all’improvviso.
«Arrivati in aeroporto, che è anche una base militare, il caos totale: voli cancellati, partenze ritardate, abbiamo trascorso lì 27 ore», prosegue Luigi, «abbiamo provato a contattare la Farnesina ma solo grazie a un gruppo di pellegrini che tornavano a Verona siamo riusciti a organizzarci e prendere il volo per l’Italia». Una volta atterrati all’aeroporto veneto ad accogliere Luigi e i suoi amici c’erano rappresentanti dell’ambasciata italiana e forze militari. Luigi torna a Tollo accompagnato dal padre di uno dei colleghi. Riabbraccia la mamma che ha vissuto insieme a lui minuto per minuto quella fuga senza respiro: «La guerra la vediamo in televisione», conclude Luigi, «ma, credetemi, quando la osservi con i tuoi occhi e vivi quelle sensazioni sulla tua pelle sembra che tu stia vivendo una situazione surreale». Invece, purtroppo, è una cruda e incomprensibile realtà.
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