PESCARA. L’Abruzzo è la seconda regione in Italia per l’incremento di occupati nel 2023 con quasi 20mila lavoratori in più. E la provincia di Chieti è la prima in regione (+12.500 nell’ultimo anno pari a un incremento del 9,3%), oltre che la terza migliore performance nazionale dopo Catania e Massa Carrara. Pescara e Teramo crescono. Solo l’Aquilano ha un segno negativo (meno 3.200 occupati tra il 2019 e il 2023). Ma il capoluogo di regione si riscatta alla grande nell’ultimo anno con un + 1,9%. «È un momento particolarmente positivo per il mercato del lavoro», scrive la Cgia Mestre nel rapporto sul lavoro che ha diffuso 48 ore fa elaborando i dati dell’Istat. È positivo «sia per il record storico di occupati che per l’aumento del numero di coloro che dispongono di un contratto di lavoro a tempo indeterminato e, infine, anche per l’incremento, avvenuto soprattutto nell’ultimo anno, del personale con livelli di qualifica elevati».
Record storico.
Nel 2023, infatti, la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471 mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213mila hanno interessato il Mezzogiorno, l’area geografica che ha registrato l’incremento percentuale più elevato del Paese (+3,5 per cento). L’Abruzzo, negli ultimi tre anni, ha fatto registrare 10mila occupati in più. Le previsioni, inoltre, ci dicono che lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando a livello nazionale i 24 milioni di addetti entro il 2025.
OTTO SU DIECI.
Sempre l’anno scorso – sottolinea la Cgia Mestre – l’Italia ha raggiunto una incidenza dell’84 per cento di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo in determinato (15,57 milioni su 18,54 milioni) sul totale dei lavoratori dipendenti. Se confrontiamo il numero di lavoratori dipendenti del 2023 con il posto fisso sempre con lo stesso dato del periodo pre-pandemico, l’aumento è stato di 742 mila unità (+5%).
personale qualificato.
Infine, il numero dei lavoratori altamente specializzati/qualificati è aumentato nell’ultimo anno del 5,8 per cento (+464 mila), pari al 96,5 per cento dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023; mentre rispetto al 2019 la variazione rimane positiva (+2,3 per cento), ma più contenuta rispetto all’anno precedente (+192 mila) con una incidenza del 40,7 per cento sui nuovi posti di lavoro creati in questo ultimo quadriennio.
QUALI SONO LE criticità
Ma la Cgia avverte che «nonostante possiamo contare su questi risultati così significativamente importanti, permangono ancora delle criticità che fatichiamo a superare».
La principale rimane il basso tasso di occupazione; tra i 20 Paesi dell’Area dell’Euro, l’Italia è fanalino di coda con un “misero” 61,5 per cento, contro una media dell’Eurozona del 70,1 per cento. Non va trascurato nemmeno il trend registrato dai lavoratori autonomi; rispetto al 2019 sono scesi di 223 mila unità (- 4,2 per cento), nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un leggero segnale di ripresa pari + 62mila unità (+1,3 per cento). Senza contare che, purtroppo, l’Italia conta storicamente su livelli retributivi mediamente più bassi degli altri Paesi dell’Ue, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso dei Neet elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Europa.
soprattutto al Sud.
Negli ultimi anni (2019-2023) a livello territoriale, secondo il dossier Cgia, sono le regioni del Mezzogiorno ad aver registrato gli incrementi occupazionali più importanti.
Rispetto al 2019 la Puglia ha segnato un ragguardevole + 6,3 per cento (+77 mila unità), seguono la Liguria e la Sicilia entrambe con il +5,2 per cento (la prima con +31 mila unità e la seconda con +69 mila), la Campania con il +3,6 per cento (+58 mila unità) e la Basilicata con il +3,5 per cento (+7 mila unità).
L’Abruzzo, in questo caso, è 10° con un + 1,9% (+ 10mila unità). Se però mettiamo a confronto il 2023 con l’anno precedente, a guidare la classifica è la Sicilia (+ 5,5%) seguita dall’Abruzzo (+4%, pari a + 19.000 lavoratori). A livello provinciale, nel periodo 2019-2023, è Lecce con un +16,5 per cento (+ 36.500 unità) ad aver conseguito l’incremento percentuale più significativo del Paese rispetto al periodo pre-pandemico. Seguono Benevento con il +12,4 per cento (+10mila unità), Enna con il +11,2 per cento (+4.800 unità), Frosinone con il +10,9 per cento (+16.600 unità) e Ragusa con il +9,4 per cento (+10 mila unità).
In Abruzzo, nel periodo lungo 2019-2023, la prima provincia è quella di Chieti (20esima in Italia con un + 5,6%) seguita dal Teramano (al 51esimo posto con un + 2,4%), e dalla provincia di Pescara (58esima, + 1,7%). Ma l’Aquilano fa registrare un dato negativo (- 2,9%). Non tutto il Mezzogiorno, infatti, ha potuto contare su risultati positivi.
Tra gli ultimi posti della graduatoria provinciale troviamo altre realtà del Sud: in particolare Sardegna e Siracusa dove la contrazione occupazionale è stata per entrambe del -4,3 per cento (la prima con -4.900 unità e la seconda con -5 mila), Caltanissetta con il -5,2 per cento (-3.400 unità), Sassari con il -6,8 per cento (-12.600 unità) e, infine, chiude la classifica la provincia marchigiana di Fermo con il -7,9 per cento (-6 mila unità).
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