L’AQUILA. Aver commesso reati non significa che in automatico debba scattare il ritiro del porto d’armi da parte della prefettura. Lo si legge in una sentenza del Tar. “Le condotte addebitate al ricorrente in sede penale – illeciti ambientali, abuso d’ufficio, inadempienza alle forniture – non denotano un’indole violenta del presunto autore”, si legge nella sentenza. “Devono pertanto essere confermate le motivazioni con le quali il Collegio, muovendo da tale presupposto, aveva accolto la sospensiva. La commissione di un reato non comporta il necessario automatismo col mancato rilascio o rinnovo del porto d’armi ed è anzi necessario che vengano valutati tutti gli elementi del caso concreto al fine di giungere a una quanto più completa analisi prognostica sulla futura condotta del richiedente in relazione all’uso delle armi. Deve, dunque, ritenersi che le conseguenze sul porto d’armi per tutti quei reati che non denotino violenza, pericolosità, uso d’armi, aggressività e minaccia al patrimonio altrui richieda una motivazione specifica in ordine al giudizio di non affidabilità. Il diniego di rilascio o rinnovo del porto d’armi è giustificato per la mancanza del requisito della buona condotta – in relazione alla commissione di fatti anche estranei alla gestione delle armi, che rendano il soggetto non meritevole di ottenere o di mantenere la licenza – ma, in tal caso, l’amministrazione deve esplicitare le motivazioni che la inducono a sacrificare l’interesse privato indicando le ragioni concrete e specifiche del giudizio, non essendo sufficiente un riferimento generico a dubbi sull’affidabilità del richiedente. Quanto alla conoscibilità delle relazioni di servizio (atti di indagine), come rilevato in sede cautelare, deve ritenersi che, al fine di garantire l’esigenza di cura e difesa degli interessi giuridici della parte ricorrente le legittime esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica possano essere adeguatamente preservate ricorrendo ad accorgimenti divulgativi tali da escludere o occultare ogni indicazione contenuta nell’informativa relativa a valutazioni, giudizi, riferimenti e considerazioni funzionali alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica. È evidente che il diniego di accesso deve essere adeguatamente motivato in concreto, anche con riferimento alla riscontrata inidoneità delle misure di oscuramento a preservare la segretezza delle informazioni che interessi prevalenti esigono non siano divulgate”.(g.p.)