CHIETI. Anche al prezzo di un solo euro nessuno ha voluto comprare il sito che ha il potenziale di diventare il nuovo polo del lavoro del capoluogo teatino. Per intenderci, l’appetibilità è la stessa che ha portato a San Salvo il colosso dell’e-commerce Amazon. Cosa scoraggia l’acquisto dell’ex conceria Cap di Chieti Scalo? Ad allontanare i grandi imprenditori sono i costi delle operazioni di bonifica del sito, ad oggi una delle principali sorgenti di inquinamento. Così i 30.625 metri quadrati di terreno sono tornati nelle mani della Regione, che ora aspetta il via libera del ministero dell’Ambiente per poter adoperare il tesoretto da 4 milioni e mezzo di euro proveniente dai finanziamenti Fsc (Fondo per lo sviluppo e la coesione).
L’ANNUNCIOA far luce su quello che sembrava essere diventato un vicolo cieco è il consigliere regionale ed ex assessore alle attività produttive Mauro Febbo. «Il progetto definitivo», ricorda, «è stato approvato alla conferenza dei servizi nel maggio 2022 e, proprio in questi giorni, è stato rimandato al governo per il finanziamento ministeriale. Entro fine anno potremo aprire l’appalto per la bonifica. Insieme all’Arta, siamo riusciti a entrare nel 2020 nel sito e a redigere il progetto». È in partenza, dunque, la bonifica di uno dei siti più contaminati di Chieti Scalo. Da qui, risorgerà l’ex Cap. «Il sito sarà poi pronto per l’industrializzazione», prosegue Febbo, «e per essere venduto alle aziende». Sono diverse le prospettive che si potrebbero aprire in via Penne: ciò che è certo è che «il potenziale è altissimo», continua il consigliere di Forza Italia.
discarica abusivaQuella dell’ex conceria è una storia che, dopo la chiusura dell’impianto, va avanti da decenni e con cui oggi i residenti di via Penne devono fare i conti: è fatiscente lo stabilimento che si trovano davanti ai loro occhi. I cancelli sbarrano l’ingresso di quella che attualmente ha preso le sembianze di una discarica abusiva. A poca distanza, a picco sul fiume Pescara, ci sono cumuli di rifiuti e immondizia di ogni genere. C’è una valigia aperta, forse risalente agli anni Cinquanta, materassi, televisori, calcinacci e mobili rotti. E poi: taniche con solventi, lastre di eternit e un enorme sacco con scarti industriali. Ma questo è solo ciò che si può vedere a occhio nudo. È quello che c’è sottoterra che spaventa.
«rISCHIO TUMORI»Nel sottosuolo di via Penne, vicino al fiume, ci sono composti e veleni pericolosi quali dicloroetilene e tricloroetilene. Già due anni fa, la Asl teatina lanciava il primo allarme durante una riunione con Regione, Comune, Provincia, Arta e Arap. «Vivere in siti contaminati», dichiarava l’azienda sanitaria, «comporta un aumento dei tumori maligni del 9% nella popolazione di età compresa tra zero e 24 anni e un eccesso compreso tra l’8 e il 16% per malattie respiratorie acute e asma tra i bambini». Sono continui gli appelli dei cittadini che provano a farsi forza insieme riunti in un comitato Insieme per via Penne. Ma il nuovo annuncio della Regione potrebbe mettere un freno al degrado in cui la zona è sprofondata: le scorribande di incivili che lasciano rifiuti hanno i giorni contati.
©RIPRODUZIONE RISERVATA