
TERAMO. Per fare la cronaca di una storia che si trascina ormai da anni è necessaria una premessa: oggi l’ex polo Cirsu è l’unica grande discarica in tutta la regione già pronta all’uso. Da questa certezza si parte per scrivere che c’è un nuovo ricorso in Cassazione a scandire la vicenda del polo di Grasciano che a giugno è stato venduto al gruppo Acea per 19 milioni al termine della procedura fallimentare aperta dal tribunale di Teramo. La società Dileco del gruppo Diodoro ha impugnato davanti ai giudici della Suprema Corte il provvedimento con cui la corte d’Appello aquilana ha rigettato il ricorso sulla mancata omologa del concordato (ricorso degli avvocati Salvatore Sanzo e Paolgiulio Mastrangelo). Una vicenda che si trascina da anni sempre scandita dai pronunciamenti di vari giudici. L’ultimo, primo della vendita, è stato quello con cui l’anno scorso il tribunale di Teramo (ufficio delle procedure concorsuali) ha rigettato la richiesta per l’omologazione del concordato fallimentare presentato dalla Dileco che in Cassazione aveva vinto il ricorso contro la Deco ( successivamente rilevata per il 65% dall’Acea). Provvedimento successivamente impugnato dalla stessa Dileco in corte d’Appello ma in questa sede nuovamente respinto.
La lunga storia
del concordato
Il nuovo iter era ripartito dopo la presa d’atto della sentenza con cui i giudici della Cassazione avevano accolto i ricorsi presentati contro l’omologa del concordato fallimentare alla Deco (prima dell’ingresso di Acea), nei fatti annullandolo. Ricorsi presentati dalla stessa Dileco e dal Consorzio Stabile Ambiente (Csa) dell’Aquila. Il pronunciamento della Cassazione era arrivato a quattro anni dalla sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato il provvedimento con cui il tribunale di Teramo aveva approvato il concordato fallimentare della Deco e dopo un diverso orientamento stabilito dalle sezioni unite sul concetto del conflitto d’interesse in materia di concordato fallimentare. Proprio su questo concetto giuridico che gli Ermellini avevano fondato l’ordinanza. All’epoca delle proposte di concordato quella della Deco aveva riportato il voto favorevole del 73,87% dei creditori, contro il 43,37% della proposta Dileco e il 26,01% della proposta Csa. Nei passaggi di una procedura di concordato la proposta della Deco era stata approvata con il voto determinante di Aia, controllata della stessa Deco. Un elemento per cui le società escluse avevano fatto ricorso in Cassazione .
La vendita del sito
al gruppo Acea
A giugno il tribunale ha accolto la proposta di acquisto del gruppo Acea per un importo complessivo di 19 milioni e 100mila euro. La proposta dell’Acea, con il versamento di 900mila euro (un decimo dell’offerta così come previsto e 120 giorni per versare il resto), è avvenuta alla fine del 2021 con il tribunale teramano che, preso atto dell’offerta, aveva in quell’occasione stabilito di procedere alla liquidazione del ramo d’azienda acquisito alla massa fallimentare con una procedura competitiva per la quale sono arrivate complessivamente cinque offerte. Un ramo d’azienda che, nell’avviso di vendita, viene identificato come «ramo d’azienda strutturato funzionalmente per l’espletamento dell’attività di conferimento, trattamento, recupero e smaltimento di rifiuti». Ovvero, per i non addetti, tutto: vecchia e nuova discarica con una capacità di oltre 300mila metri cubi, impianti di riciclaggio e compostaggio, piattaforma per il trattamento dei rifiuti da raccolta differenziata, capannoni, uffici, terreni.
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