L’AQUILA. Le due grandi ruspe parcheggiate dentro le transenne di via Fontesecco avevano lasciato ipotizzare l’avvio del cantiere. E ieri è arrivata la conferma con l’ordinanza del Comune, a firma del dirigente Tiziano Amorosi e del maggiore Patrizia Galassi della polizia municipale. L’opera di cantierizzazione potrà partire da domani. La ditta incaricata della ricostruzione del ponte, la Scarl Belvedere, ha 48 ore di tempo per avvertire gli utenti della zona dell’inizio dei lavori attraverso l’installazione della necessaria segnaletica. Il cantiere su viale Giovanni XXIII, si legge nell’ordinanza comunale, prevede una sottrazione di suolo pubblico di 203 metri quadri giornalieri, 272 metri quadri su via Fontesecco, mentre su via Persichetti i metri quadri sottratti alla collettività saranno circa 528.
Il cantiere potrà rimanere aperto fino al 31 dicembre del 2024. Quindi, incrociando le dita, per la fine del prossimo anno il ponte Belvedere dovrebbe essere completato. Anche prima, assicurano gli addetti ai lavori.
Le strade chiuse
L’ordinanza comunale prevede un divieto di sosta di ulteriori 15 metri tra il cantiere sul lato di viale Giovanni XXIII verso la Fontana Luminosa. Su via Fontesecco, alla base del ponte, sarà istituito un divieto di sosta con rimozione su ambo i lati a partire da via degli Ortolani verso via XX settembre. Più complessa la situazione su via Persichetti, dove verrà istituito, oltre al divieto di sosta, anche un senso unico dal numero civico 18 fino alla struttura in via di costruzione.
Il ponte
Le operazioni di abbattimento del ponte Belvedere sono cominciate a settembre del 2021 e sarà ricostruito dalla Scarl Ponte Belvedere. Il progetto porta la firma delle imprese aquilane Taddei Spa e Todima srl, che hanno presentato una proposta con Integra del professor Marco Petrangeli, uno dei leader mondiali nella costruzione di ponti, e con Casarchitettura, amministrata dall’architetto Luca Carosi. Si tratta di un ponte “strallato”, ovvero poggiato su una sorta di antenna in acciaio e sostenuto da grandi cavi, anche questi in acciaio. Una struttura in grado di sopportare, hanno detto i progettisti, anche terremoti di grande violenza. Non per niente quello che è stato per molti anni il ponte strallato a campata unica più lungo al mondo, l’Akashi Kaikyo, lungo quasi 2 chilometri e fiore all’occhiello dell’ingegneria del Giappone, nel 1985 ha resistito al terremoto di Kobe che ha distrutto la città nipponica provocando oltre 6.500 morti.
I costi
La spesa era stimata inizialmente in 5,1 milioni di euro, poi lievitata a circa 6 a causa di alcune modifiche su via Persichetti e viale Giovanni XXIII, e per l’aumento dei costi dei materiali. Il ponte ha dovuto superare anche alcune modifiche legislative, immaginate per velocizzare l’approvazione delle opere del Pnrr. Niente commissione edilizia e nessun passaggio al Genio civile, la verifica del progetto è stata affidata a una ditta esterna, la Bureau Veritas di Milano, che ha sostituito e integrato tutte le altre autorizzazioni.
La demolizione
«Una demolizione come quella del ponte di Belvedere non era mai stata tentata prima». Lo ripeteva con malcelato orgoglio Marino Serpetti, amministratore della Scarl Belvedere, il raggruppamento di imprese che realizzerà il nuovo ponte. «Smontare pezzo a pezzo il ponte, facendo scivolare le campate in orizzontale, preservando il palazzo sottostante, è cosa mai fatta prima», raccontava. In effetti, nella demolizione del Morandi a Genova, una campata era stata portata giù usando 4 enormi ponti-gru, ma per il resto era stato usato l’esplosivo. «Qui niente esplosivo», il racconto di Serpetti, «tre enormi gru e progettazione nei minimi dettagli». (r.p.)
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