PESCARA. I pescaresi Luciano Barone e Luca Marano – il primo commercialista, l’altro revisore contabile – sono un esempio emblematico di come «le strutture criminali si avvalgono di professionisti compiacenti per rafforzare la propria posizione e la propria presenza anche al di fuori del territorio di estrazione, contribuendo a rendere la ’ndrangheta un modello criminale vincente». Così scrivono i pm di Catanzaro Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Giuseppe Buzzelli ripercorrendo le attività portate avanti dal clan Maiolo in provincia di Pescara, in particolare a Montesilvano. «Le intercettazioni telefoniche», raccontano le carte dell’inchiesta, «hanno evidenziato il ruolo professionale svolto da Barone e Marano in merito alla realizzazione dell’attività imprenditoriale con proiezioni a carattere internazionale avviata da Angelo e Francesco Maiolo in Svizzera e in Germania, laddove i fratelli facevano giungere prodotti tipici calabresi». In questo senso, a partire da agosto 2018, «diversi sono stati i contatti registrati tra Angelo Maiolo e il suo factotum Vincenzo Pisano con il commercialista Barone e il ragioniere Marano». Gli inquirenti rimarcano: «Le indagini hanno permesso di documentare il fenomeno della contiguità tra organizzazioni criminali di stampo mafioso e soggetti appartenenti a un determinato ordine o collegio professionale. Personaggi, questi ultimi, che entrano a far parte del cosiddetto “capitale sociale” delle mafie, ovvero di quel patrimonio relazionale di cui queste si avvalgono per conseguire i propri fini».
Nel caso specifico: «È emerso in modo manifesto il rapporto di connivenza di Barone e Marano con i referenti della ’ndrina Maiolo». Ed è venuto alla luce «il contributo essenziale» offerto dai due professionisti per l’intestazione fittizia a Pisano del negozio di prodotti tipici calabresi “Il Piccantino”, in via Verrotti a Montesilvano (ora chiuso). L’assunzione simulata di Angelo Maiolo ha consentito a quest’ultimo di «ottenere benefìci dinanzi all’autorità giudiziaria, chiamata a valutarne la pericolosità sociale». Benefìci che gli hanno permesso di «far rientro in Calabria, dove ha continuato a gestire i propri affari e a rimarcare, con la presenza sul territorio, la sua leadership all’interno della ’ndrina». (g.let.)
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