PESCARA. Condanna confermata in appello a otto mesi di reclusione (con l’aggiunta dell’interdizione per il periodo della condanna) per il maresciallo capo della guardia di finanza Angelo Febbo che in primo grado, a Pescara, venne giudicato dal gup Giovanni de Rensis con il rito abbreviato e riconosciuto colpevole di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio in relazione all’inchiesta nelle mani del pm Andrea Di Giovanni e che riguarda le attività dell’imprenditore della sanità, Vincenzo Marinelli. Addetto alla sala ascolto della procura, il finanziere aveva ascoltato una conversazione tra un suo amico medico e Guido Dezio e non aveva perso tempo nel contattare l’amico con dei messaggi per rimproverarlo: «Ma Dio santo… più ti dico che non ti devi immischiare con sta gente e tu gli fornisci pure il tuo curriculum per l’Albania. E che ca… poi non ti lamentare che stai sotto la mercè delle merde». Il medico e il suo socio in affari, entrambi amici di Dezio, riferiscono a quest’ultimo quella conversazione avvenuta soltanto pochi minuti dopo quella telefonata, facendo capire, senza ombra di dubbio, che il telefono di Dezio era sotto controllo. Si parla di un possibile arresto dell’indagato. Scatta l’esposto presentato dall’allora senatore Luciano D’Alfonso (che venne sentito dai magistrati). In procura, l’aggiunto Anna Rita Mantini, con i sostituti Anna Benigni e Luca Sciarretta, chiudono l’inchiesta e mandano il finanziere davanti al gup. Una fase istruttoria nel corso della quale i magistrati hanno anche acquisito le dichiarazioni del medico, del socio e di Dezio che ha fornito altri particolari.