PESCARA. Lunedì 18 marzo, San Cirillo di Gerusalemme. È questa la data di una riunione tra i sindaci di Pescara, Montesilvano e Spoltore per tornare a parlare della fusione: Carlo Masci di Forza Italia, Ottavio De Martinis della Lega e Chiara Trulli del Pd si siederanno attorno a un tavolo, nel municipio di Pescara. Insieme a loro ci sarà Marco Molisani, dirigente comunale a capo dell’Ufficio di fusione, cioè il braccio operativo chiamato a trasformare in atti amministrativi le intenzioni della politica. Masci e De Martinis sono in scadenza e, alle elezioni comunali del 9 giugno, saranno ricandidati (a meno di colpi di scena imprevedibili) mentre Trulli resterà in carica fino al 2027: il 2027 dovrebbe essere l’anno dell’entrata in vigore della città unita. Masci è favorevole alla fusione; De Martinis e Trulli no e, se potessero, rimetterebbero in discussione il referendum del 2014.
TRE SINDACI RIUNITI L’obiettivo della riunione di lunedì prossimo è programmare i prossimi passi della fusione: dopo l’unione dei primi 5 servizi – Sportello unico telematico per le attività produttive (Suap), Centrale unica di committenza, gestione unica dei servizi di progettazione, programmazione e accesso ai finanziamenti europei, Protezione civile e Statistica –, entro il 2024 le tre amministrazioni hanno l’obbligo di accorpare altre 5 materie. A scegliere quali, sulla base delle indicazioni di Molisani, sarà il Progetto di fusione, un organo composto dai tre sindaci, dai tre presidenti del consiglio (Marcello Antonelli della Lega, Ernesto De Vincentiis della Lega e Lucio Matricciani del Pd) e dai vice presidenti.
IL CONTO DIVISO TRE Masci, De Martinis e Trulli dovranno dare il via libera anche alla ripartizione delle spese finora sostenute con l’unione dei primi 5 servizi: l’accordo prevede una ripartizione basata sul numero dei residenti, quindi, Pescara parteciperà al 60%, Montesilvano al 30 e Spoltore al 10. Su questo nessuno dovrebbe porre dei veti.
CACCIA AL COMPROMESSO Ma se la macchina amministrativa va avanti verso l’obiettivo di abbattere le divisioni di gestione e giungere in tre anni a un Comune da quasi 190mila residenti, la politica si ritrova ancora in un pantano: una situazione che continua da almeno 8 mesi. Senza un compromesso a tre, con l’unione dei servizi ormai partita, non c’è certezza sul nome della città unita e sugli organi istituzionali. Montesilvano e Spoltore hanno approvato già lo statuto che prevede il nome “Nuova Pescara” con la divisione in 4 municipi (Spoltore, Montesilvano, Castellamare e Porta Nuova); secondo questo statuto, Spoltore avrà 12 consiglieri municipali mentre saranno 16 i consiglieri negli altri tre distaccamenti per un totale di 60. Previsti anche gli assessori nei municipi, al massimo 4 con la possibilità di due assessori esterni. Pescara è in disaccordo su tutto, non ha ancora votato lo statuto e non si sa quando lo farà: la linea ferma di Pescara, in accordo tra centrodestra e centrosinistra, è che la città unica continui a chiamarsi Pescara e abbia al massimo 52 consiglieri municipali senza assessori nei distaccamenti. Ma, più che un asso, Pescara ha un coltello nella manica: se Pescara non votasse lo statuto, come stabilisce la legge regionale 13 del 2023, entrerebbe in vigore lo statuto attuale del Comune più grande, quindi Pescara, senza articolazione in municipi e senza rappresentanza per Montesilvano e Spoltore.
RIPARTE LA TRATTATIVA Ecco perché dal 18 marzo riparte la trattativa: trovare l’accordo non sarà facile perché nessuno vuole cedere e fare passi indietro, a partire da Pescara – sul sito internet del Comune, nella sezione dedicata alla fusione, si parla già di “Nuovo Comune di Pescara” – mentre Montesilvano e Spoltore hanno addirittura già votato lo statuto che ufficializza il decentramento.
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