
L’AQUILA. Una ferita a un braccio, le lacrime e poi il primo drammatico racconto alle insegnanti. Così sono venuti a galla due anni di violenze e soprusi che due studentesse, secondo la denuncia almeno a partire dal 2020, sono state costrette a subire per mano dello zio. L’uomo, un 36enne di origine macedone che risiede in città, è stato arrestato con l’accusa di atti persecutori e lesioni nei confronti delle nipoti, entrambi minorenni.
È una lunga e triste storia di degrado umano quella venuta alla luce con l’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica dell’Aquila. E che ha segnato la fine di un incubo. Le protagoniste sono appunto due minori: hanno perso il padre e la madre ha scelto di lasciarle al proprio destino. Per questo vivevano con la nonna, uno zio e sua moglie. Proprio lo zio, al quale erano affidate, si è trasformato nel loro peggior nemico. Fino a una ventina di giorni fa, quando si sarebbe verificato l’ultimo episodio in ordine di tempo.
La prima breccia nel muro di paura e omertà è stata aperta dalla ferita a un polso di una delle due sorelle. Da qui sono iniziati i racconti, le prime confidenze alle professoresse. Tra le lacrime. L’episodio cruciale della vicenda avviene venti giorni fa, quando lo zio viene a sapere che una delle sorelle ha marinato la scuola: al rientro in casa viene afferrata per i capelli e sbattuta su un divano. L’altra sorella cerca di placare l’uomo ma senza successo: lui afferra un bastone e colpisce la ragazza che, nel tentativo di difendersi, viene ferita al polso. Solo l’intervento della nonna in questo caso riesce a fermare l’ira oltremodo eccessiva del 36enne. Ad ogni modo quella ferita al braccio si rivelerà paradossalmente un’ancora di salvezza.
Perché questa non sarebbe stata affatto l’unica occasione in cui le due giovani se la sono vista a dir poco brutta. Quando, tempo fa, lo zio è venuto a conoscenza di una relazione tra una delle due nipoti e un coetaneo, l’ha presa a schiaffi in faccia e a frustate sulla schiena. Grossomodo lo stesso copione che si ripeteva quando le ragazze si rifiutavano di consegnargli gli smartphone: in cambio ricevevano non solo rimproveri e minacce, ma anche botte. In alcune occasioni addirittura con un pezzo di mobile o con il manico di un martello. Fino alla fine dell’incubo.(a.r.)
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