PESCARA. «Storicamente» non basta una recinzione per evitare le incursioni dei tossicodipendenti nei palazzi ex Clerico: ogni giorno è un viavai nei palazzi mai finiti lungo via Tavo. I residenti delle case vicine raccontano quello che accade lì dentro a tutte le ore. L’abbattimento delle baracche con i materassi, lo sgombero e le denunce delle settimane scorse sono soltanto un ricordo. Adesso, i rifugi si trovano anche all’interno degli alloggi incompiuti: case di fortuna con le scatole di cartone al posto delle finestre. Quegli appartamenti che, negli anni Settanta, dovevano soddisfare le esigenze abitative degli operai pescaresi, adesso, sono ancora occupati da un gruppo di disperati. Ma ora il Comune vuole intervenire al posto dei proprietari «al fine di dare immediato avvio all’iter realizzativo»: due dipendenti comunali, un architetto e un geometra, dovranno progettare la recinzione dei fabbricati. Sono decenni che nessuno ci riesce, adesso tocca a loro: questo dice la determina di nomina firmata dal dirigente Antonio Longo.
L’amministrazione Masci ha chiesto ai proprietari dei ruderi di realizzare «una barriera di adeguata altezza e non removibile utilizzando materiali resistenti». Ma quella richiesta risalente al 5 giugno scorso, «per ragioni di salvaguardia della pubblica incolumità», cioè per evitare una baraccopoli, non è stata messa in atto: «Dalla documentazione fotografica acquisita», recita una relazione del Comune, «emerge che la recinzione in corso di realizzazione non risponde ai requisiti richiesti dall’ordinanza in quanto la stessa risulta essere per caratteristiche tipologiche (materiali, dimensioni) del tutto simile a quella già esistente, in parte ancora presente, che storicamente si è dimostrata non essere in grado di impedire il verificarsi delle problematiche da risolvere». E adesso il Comune, a un passo dal Ferro di cavallo raso al suolo, vuole intervenire direttamente.
«Un’area privata in cui albergano senzatetto e persone che commettono anche reati», aveva detto il sindaco Carlo Masci dopo una visita, «una proprietà abbandonata da 50 anni che produce effetti negativi sulla vivibilità del quartiere. Già siamo intervenuti più volte sollecitando i proprietari a risanare quegli spazi, non lasceremo la presa fino a quando non avremo risolto anche quella inaccettabile situazione di degrado». L’ordinanza del Comune di 8 mesi fa era stata adottata dopo un sopralluogo della Asl in via Tavo: «È stato accertato un diffuso stato di abbandono e degrado dovuto all’area priva della prescritta manutenzione con presenza di alta e folta vegetazione, alla recinzione fatiscente e pertanto agevolmente superabile, alla presenza di rifiuti variamente distribuiti sull’intera area compreso siringhe, nonché alla presenza di estese zone depresse coperte da acqua stagnante». Anche i vigili del fuoco avevano ispezionato la struttura di Rancitelli: i fabbricati mai finiti erano stati descritti come «fonte di pericolo, sia le strutture monopiano che quelle pluripiano».