
TERAMO. La cronaca giudiziaria continua a declinare la vicenda delle azioni ex Tercas. Dopo gli svariati pronunciamenti di primo grado a favore di decine di risparmiatori, ora c’è una sentenza della Corte d’appello (la prima) a confermare i risarcimenti di 260mila euro decisi dal tribunale teramano per quattro ricorrenti, che anche per i giudici di secondo grado non sarebbero stati adeguatamente informati dalla banca sui rischi delle operazioni, e a stabilire che il termine per la prescrizione è di 10 anni. Aprendo così la strada a nuovi ricorsi.
La sentenza che i vertici dell’istituto di credito (oggi Banca popolare di Bari) hanno impugnato in secondo grado è quella emessa nel 2019 dal giudice monocratico del tribunale teramano Antonio Converti. I fatti contestati risalgono al 2006, prima del commissariamento Tercas del 2012 e prima dell’ingresso della Banca Popolare di Bari. «Per questo», sostiene Ferderconsumatori che in questi anni ha assistito più di trecento risparmiatori affidandosi agli avvocati Renzo Di Sabatino e Massimo Cerniglia, «le domande dei risparmiatori non sono ancora prescritte si prescriveranno solo nel 2024 (come confermato anche da altre sentenze del Tribunale di Teramo), per cui i risparmiatori che hanno acquistato le azioni Tercas possono ancora agire contro la Banca Popolare di Bari. La sentenza ha ritenuto che le informazioni date dalla banca sui titoli e sulla inadeguatezza rispetto al profilo di rischio del cliente erano state del tutto insufficienti».
Anche secondo i magistrati d’appello, infatti, «è mancata la prova positiva del corretto adempimento da parte dell’istituto di credito agli obblighi informativi posti a suo carico». Un punto ben argomentato dai giudici dell’Aquila (presidente del collegio Barbara Del Bono, a latere Mariangela Fuina e Augusta Massima Cucina) che così scrivono nella sentenza: «Alcun comportamento anomalo può essere ravvisato in capo agli appellati all’atto della sottoscrizione dei moduli d’ordine nè nei precedenti documenti in forza alla duplice considerazione che i documenti sottoposti all’attenzione degli investitori sono moduli già predisposti in tutte le loro parti dalla banca stessa e contenenti quelle clausole di stile alle quali il giudice di prime cure ha fatto riferimento nella sentenza impugnata nè, in ogni caso, può essere riconosciuta una qualsiasi ipotesi di concorso di colpa ex articolo 1227 cc allorquando risulti accertata, come nel caso de quo, la violazione degli obblighi informativi. Infatti nella prestazione dei servizi di investimento qualora l’intermediario abbia dato corso all’acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi e il cliente non rientri nelle categorie di investitore qualificato o professionale previste nella normativa di settore non è configurabile alcun concorso di colpa di quest’ultimo nella produzione del danno». Importante, ai fini dei nuovi pronunciamenti, anche la questione relativa alla prescrizione che, secondo il ricorso della banca, sarebbe già intervenuta. «Secondo il ricorrente», scrivono i giudici, «l’azione risarcitoria doveva essere inquadrata nell’ambito della responsabilità precontrattuale e non contrattuale come invece ritenuto dal tribunale, azione risarcitoria avente natura contrattuale soggetta al termine ordinario di prescrizione. La Corte ritiene di aderire a tale impostazione».
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