L’AQUILA. «L’Aquila è stata una città dei castelli: una serie di entità chiuse all’esterno e aperte solo verso l’interno. Gli aquilani sono così: comunicano con riservatezza solo all’interno di gruppi chiusi». Che ci sia una possibile correlazione tra terremoti, ricostruzioni, urbanistica del capoluogo e la personalità, per così dire “introversa”, degli aquilani è convinto anche Paolo Tella, componente dell’associazione Urban center. La sua riflessione prende le mosse dall’ipotesi avanzata dall’architetto Maurizio D’Antonio, nel libro “L’Aquila. Nuovi aspetti di storia costruttiva e l’evoluzione del quadro normativo nella ricostruzione pubblica”, scritto a quattro mani con Simonetta Retica. Ipotesi recentemente riportata in un articolo del Centro.
CITTÀ DI CASTELLI
«Lo studio di D’Antonio conferma quanto ho scritto in un testo sul Genius loci, quando facevo il docente universitario di Strategie di comunicazione» spiega Tella. «L’Aquila è stata una città dei castelli: una serie di entità chiuse all’esterno e aperte solo verso l’interno. Ricordate che da studenti universitari ci si incontrava “alla colonna” e ogni gruppo aveva la sua, e da una colonna all’altra non si parlava? L’Aquila è così, si comunica con riservatezza all’interno di gruppi chiusi, come se fosse costituita da molti castelli che si aprono solo quando il capo ordina di abbassare il ponte levatoio».
TERREMOTI E CAMBIAMENTI
Proprio il ripetersi di terremoti devastanti avrebbe determinato, secondo D’Antonio, necessarie variazioni e innovazioni costruttive che nei secoli hanno indotto gli aquilani a chiudersi sempre più. Dalla città trecentesca, a vocazione commerciale, inserita nella via degli Abruzzi che collegava Firenze con Napoli, ricca di botteghe e luoghi di scambio, dove l’edificato di «piccole cellule abitative» aveva un rapporto diretto con la strada spesso mediato da porticati, si è passati, dal Rinascimento in poi e soprattutto nel Settecento, a una città in cui il rapporto del palazzo con la strada è limitato a pochi portali e finestre rialzate e dove il palazzo è racchiuso in se stesso attorno al cortile interno.
UNA CITTÀ INTROVERSA
«Non esiste l’aquilano, esistono gli aquilani» spiega D’Antonio, «il popolo aquilano è il frutto della sommatoria dei popoli dei castelli del contado. È stato ed è ancora così nell’inconscio mentale aquilano. A tutto questo si aggiunge l’introversione generata dai processi di adattamento post sismici ripetutamente verificatisi nei secoli che hanno lasciato un segno evidente».