
PESCARA. Sono sempre più piccole le ragazze che dopo l’emergenza della pandemia soffrono di disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Talvolta c’è una predisposizione genetica, ma spesso subentrano fattori sociali, familiari, traumi o episodi di bullismo che trascinano in un vero vortice nero, fatto di pasti privati, controlli ossessivi del peso, abbuffate incontrollate e il desiderio quasi di voler sparire. Sono molteplici i fattori che stanno rendendo sempre più diffusi anoressia, bulimia e disturbi da alimentazione incontrollata. «Purtroppo non c’è un osservatorio epidemiologico», afferma Paolo Di Berardino, referente regionale per i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e presidente di Adi Abruzzo (Associazione italiana dietetica e nutrizione clinica), «quindi è difficile parlare di numeri assoluti. Però», afferma, «dal 2019 c’è stato un incremento del 30-40 per cento di accessi e di ricoveri per queste patologie nelle strutture ospedaliere abruzzesi».
Sono molteplici le sfaccettature di questi disturbi che si insidiano nella mente anche di giovanissimi. «C’è l’anoressia nervosa, che dà malnutrizione», spiega il medico. «Poi c’è la bulimia, e il disturbo da alimentazione incontrollata che invece porta verso l’obesità. L’anoressia e la bulimia colpiscono molto di più gli adolescenti, nell’80 per cento ragazze, ma l’età di insorgenza si sta accorciando, arrivando anche ai 12-13 anni. I maschi vanno incontro più verso la vigoressia, e cioè verso eccessive performance fisiche. Il disturbo da alimentazione incontrollata riguarda invece la fascia dai 20 anni in su».
Ogni caso è differente, ma può esserci, dice l’esperto, «una familiarità che predispone a questa insorgenza. Tali fattori non bastano e ne subentrano altri, legati alla sfera sociale e familiare». A peggiorare il quadro anche la competitività che può generarsi in alcuni contesti, nelle palestre ad esempio, o a danza. «C’è sempre e comunque una molteplicità di fattori, ed è per questo che per risolvere, serve un approccio multidisciplinare» analizza Di Berardino.
La Regione, sostiene ancora il medico, per ottemperare al piano di attività per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del ministero della Salute, «deve mirare a garantire e stabilizzare livelli minimi di cura di base con la costituzione di una rete ambulatoriale integrata, multiprofessionale, competente e formata. L’obiettivo è di creare équipe multidisciplinari con tutte le figure professionali, cioè nutrizionista, internista, dietista, psicoterapeuta, psichiatra, infermiere, terapista della riabilitazione, che siano operative in tutte le Asl», continua. Lo scopo è di intercettare precocemente gli esordi dei disturbi, in modo da ridurre il ricorso a interventi più intensivi, mantenere i pazienti il più possibile vicini al territorio di residenza per favorire sia l’intensità che la continuità delle cure, e garantire una rete dei servizi con progetti di prevenzione e promozione della salute e di cura. Come in tantissime malattie, la precocità della diagnosi diventa essenziale.
«Quando un familiare inizia a vedere una ragazza o un ragazzo che in età molto precoce comincia a fare diete non controllate», suggerisce l’esperto, «occorre subito essere cauti, portare la persona dal medico. Lo stesso accade quando si notano dimagrimenti estremi, o si percepisce una difficoltà del ragazzo a parlare del problema. Sono episodi da non sottovalutare, anche nei più piccoli. L’approccio scorretto all’alimentazione è un sintomo che nasconde sicuramente un disagio psichico importante, ed è un campanello di allarme».