PESCARA. Avrebbe compiuto 90 anni ad aprile Geppino D’Altrui, capitano del Settebello con cui ha conquistato l’oro olimpico ai Giochi di Roma nel 1960, in quello che è stato il momento più alto della sua carriera. Ma è scomparso ieri mattina, quasi all’improvviso, nel sonno. È stata la moglie, Maria Rosaria, insieme al figlio Marco, ad accorgersi di quanto accaduto.
Un gigante dello sport, ma anche della vita, come hanno ricordato i tanti, tantissimi atleti che sono passati sotto la sua egida negli anni d’oro della pallanuoto pescarese. Napoletano di origine e pescarese d’adozione, Geppino D’Altrui oltre all’oro olimpico replicato 32 anni dopo dal figlio Marco a Barcellona, ha nel suo palmares anche un bronzo europeo, due ori e un argento ai Giochi del Mediterraneo. Accanto alla vittoriosa olimpiade italiana, ce n’è stata però un’altra a cui ha partecipato e che ha spesso fatto parlare, quella di Melbourne nel 1956, dove tra i compagni di squadra aveva Carlo Pedersoli, poi diventato l’attore Bud Spencer. Le avventure con la Nazionale però rappresentano solo una parte della sua lunga e gloriosa carriera: la seconda, infatti, è tutta a tinte biancazzurre: come raccontò lui stesso al Centro in occasione dei suoi 80 anni, nel 1977 venne chiamato dall’allora presidente Eraldo Zecchini, che gli affidò l’incarico di allenatore con l’obiettivo di portare la squadra in serie A. Di fatto il momento che ha segnato l’inizio dell’epopea della pallanuoto pescarese, che esattamente dieci anni dopo, arrivò sul tetto d’Europa. E in quella mitica squadra del Triplete, c’erano tanti ragazzi che avevano cominciato proprio con lui, partendo dalle giovanili. Il figlio Marco, Franco Di Fulvio, Amedeo Pomilio, Enrico Mundula, ma anche Pietro Iavarone, Roberto e Giuseppe Pessia, Alfredo D’Ilario, Roberto Di Nisio, Achille Trave. E ancora Pierluigi Aloisi, Sandro Freddi, Alessandro Di Muzio, Saverio Pitocco, Enzo Roberti, Amilcare Silverii, Carlo Montanino e Giuseppe Atzori. Era questo il gruppo che nel 1979 vinse il campionato Allievi, invertendo una rotta che fino a quel momento aveva regalato pochissime gioie alla pallanuoto pescarese. Insieme a loro anche Maurizio Gobbi, Nello Rapini, Fabrizio D’Onofrio, Fernando Pietrostefani, Maurizio Barbara, Paolo Mascellanti, Marco e Andrea Papa ed Eraldo Pizzo, compagno di Geppino ai Giochi di Roma e ormai a fine carriera. Con loro s’iniziò la scalata verso il successo, conquistando la promozione nella massima serie. Insieme al figlio Marco, è inserito nella Hall of Fame. Un caso davvero raro: due capitani del Settebello, padre e figlio, che a distanza di 32 anni hanno condiviso la gioia sportiva più grande: l’oro olimpico. Ed è proprio Marco, nel giorno del dolore, che con poche parole ricorda il papà: «Dai messaggi e dagli attestati di stima che mi stanno travolgendo, trovo la conferma di quanto papà sia stato apprezzato e importante per generazioni», dice. «Non parlo sotto il profilo prettamente sportivo, ma soprattutto di quello umano. Chi adesso mi chiama per una parola di conforto lo descrive come un genitore, per la cura che riusciva ad avere nei confronti dei ragazzi che allenava. Anch’io ho scelto questo percorso, ma non credo che riuscirò mai ad arrivare dov’è arrivato lui». Oltre a Marco, anche la sorella Flavia ha raggiunto importanti risultati sportivi, nel nuoto. Ieri la camera ardente a Montesilvano. Oggi alle 10 i funerali a Montesilvano, dove abitava, nella chiesa di San Giovanni Bosco.
Scrive di lui il sindaco Carlo Masci: «È stato un campione nello sport e nella vita. Chi ha vissuto la stagione irripetibile della pallanuoto pescarese e chiunque l’abbia conosciuto ne ha apprezzato il valore, l’entusiasmo e l’umanità, ben oltre gli allori e gli ori mietuti in una carriera sfolgorante. Napoletano di nascita aveva trovato a Pescara una dimensione di affetto e di stima, e qui aveva fatto crescere una generazione di sportivi e di appassionati della pallanuoto. Era un galantuomo d’altri tempi, che ha fatto dei valori dello sport quelli della quotidianità».