
TERAMO. Il codice di procedura la definisce pena «non congrua»: un tecnicismo giuridico per dire troppo bassa. E quando in un’aula di tribunale le inchieste raccontano storie di presunti abusi sessuali su minori, ci possono essere provvedimenti in grado di coniugare il rigore del codice con la sensibilità di chi è chiamato ad applicarlo. Come in questo caso.
Il giudice per le udienze preliminari Roberto Veneziano ha rigettato, con una dettagliata ordinanza, una richiesta di patteggiamento a due anni per un 35enne accusato di abusi sessuali sul figlio della sua ex compagna che all’epoca dei fatti aveva 16 anni. La proposta concordata tra difesa dell’uomo e Procura, così come previsto dal codice di procedura, è stata rigettata e gli atti sono tornati al pm titolare del fascicolo. Il ragazzo e la mamma, la prima a denunciare i fatti, ieri mattina si sono costituiti parte civili rappresentati dall’avvocato Libera D’Amelio.
Oltre che di violenza sessuale, l’uomo è accusato di violenza privata per aver intimato al ragazzino di non raccontare a nessuno quanto successo «altrimenti», così si legge in un messaggio Whatsapp agli atti dell’inchiesta, «le nostre vite sarebbero state rovinate». L’uomo attualmente è detenuto nel carcere di Novara, città dove all’epoca venne fermato mentre era in visita ad alcuni parenti. Una ricostruzione, quella che emerge sia dall’ordinanza di misura cautelare sin cui gli abusi sarebbero avvenuti nelle ore notturne e quando la mamma del ragazzino non c’era. Con tanto di messaggi su Whatsapp che nell’ordinanza vengono definiti «dal contenuto sessualmente esplicito» con i quali lo invitava ripetutamente ad incontrarsi con lui. A far scattare le indagini la denuncia della mamma del minorenne, all’epoca convivente dell’uomo, che ha intuito nell’atteggiamento del figlio qualcosa che l’ha insospettita. Fino al drammatico racconto del ragazzo sui fatti che sarebbero avvenuti nell’ottobre scorso. Accuse che il giovane ha confermato nel corso dell’incidente probatorio chiesto ed ottenuto l’incidente probatorio per cristallizzare la testimonianza del minore. Come primo passaggio c’è stato l’affidamento di una perizia psicologica per stabilire l’attendibilità dello stesso minore. Passaggio obbligato così come stabilito dalla Carta di Noto che da tempo detta le linee guida per l’esame dei minorenni in caso di abuso sessuale. Un istituto indispensabile per la Carta che individua e descrive protocolli da seguire in relazione all’esame del minore che si ipotizzi vittima di abusi e che all’articolo 7 recita: «L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento». Nuova udienza a febbraio.
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