TERAMO. La fine di un incubo è in un aereo che decolla. Perché dopo le certezze maturate nelle ultime 48 ore con lo sblocco di tutto le procedure, è solo in quel volo partito ieri dall’aeroporto di Mumbai e diretto a Roma che ogni certezza diventa finalmente realtà. Rientrano oggi in Italia i due abruzzesi e i loro due amici marchigiani fermati in India nei primi giorni di ottobre con l’accusa di aver imbrattato con dei graffiti dei treni della metropolitana, liberati quindici giorni dopo ma da allora bloccati a Mumbai. Il 21enne Daniele Starinieri di Spoltore, il 24enne Gianluca Cudini di Tortoreto, il 29enne Baldo Sacha di Monte San Vito in provincia di Ancona e il 27enne Paolo Capecci di Grottammare, nell’Ascolano, nella tarda mattinata di oggi arriveranno a Fiumicino. Costantemente assistiti dall’avvocato Vito Morena (insieme alla collega Francesca Di Matteo), i ragazzi in questi mesi sono stati sempre affiancati dai funzionari del Consolato italiano a Mumbai che hanno seguito tutte le procedure concluse con un ricorso all’alta Corte del Gujarat. I giovani hanno ottenuto dalle autorità indiane il permesso di rientrare in Italia grazie alla loro immediata dichiarazione di aver sbagliato e all’atteggiamento pacato e rispettoso dei tempi e delle procedure locali.
A ottobre il fermo
per i graffiti
I giovani sono accusati di aver imbrattato, nei primi giorni di ottobre, due convogli della nuova metropolitana della città indiana di Ahmedabad poco prima dell’inaugurazione da parte del primo ministro indiano Narendra Modi: i quattro sarebbero stati ripresi dalle telecamere mentre entravano nel deposito dei mezzi per scrivere la parola “Tas” su alcuni convogli. Una scritta che, inizialmente, aveva portato anche all’intervento del reparto antiterrorismo della polizia indiana (ipotesi che non è stata assolutamente contestata a nessuno dei quattro italiani). I ragazzi avevano subito spiegato alla polizia che il significato di “Tas” è “Tagliatelle alla salsa”, nome della crew, cioè il gruppo di appartenenza dei writers.
liberazione dopo 15 giorni
in un commissariato
Dopo quindici giorni trascorsi nella cella di un commissariato di polizia i quattro vennero rimessi in libertà ma senza la possibilità di lasciare l’India. La liberazione era arrivata dopo i provvedimenti con cui i due giudici di Mumbai e Ahmedabad, le località in cui secondo l’autorità indiana sono stati commessi i reati di danneggiamento dei treni con i graffiti, avevano accolto l’istanza di libertà su cauzione. Dopo il primo pronunciamento di un giudice a Mumbai con il pagamento di circa 40mila rupie indiane, circa 600 euro, successivamente ci fu il secondo pronunciamento ad Ahmedabad dove i quattro sono accusati, oltre che di danneggiamento per aver fatto graffiti sui treni, anche di violazione di domicilio per essere entrati in un’area riservata al deposito dei convogli. Nei giorni di fermo e successivamente in quelli passati in hotel i ragazzi sono stati sempre assistiti dai funzionari del consolato italiano e tramite loro hanno potuto mettersi in contatto con i familiari in Italia.
A febbraio e marzo
le udienze del processo
Il rientro si è sbloccato e i quattro ragazzi oggi tornano in Italia, ma il procedimento giudiziario nei loro confronti resta in piedi. A fine febbraio è prevista la prima udienza del processo a Mumbai e a fine aprile la prima udienza ad Ahmedabad. È ipotizzabile che per entrambi i procedimenti i quattro possano presentarsi in modalità da remoto. Tra le ipotesi che vengono prese in considerazione anche quella di una condanna che potrebbe essere comminata in una multa. Va detto che nel corso dei procedimenti che si sono svolti ad ottobre davanti alle autorità giudiziaria che all’epoca hanno accolto l’istanza di libertà su cauzione i quattro giovani hanno sin da subito chiesto scusa per il gesto ammettendo di aver sbagliato. I quattro, dopo la liberazione, hanno trascorso questi mesi in un hotel di Mumbai senza avere nessun tipo di restrizione in attesa di poter rientrare in Italia. Inizialmente era circolata anche la voce che i quattro dovessero rimanere in India fino alla conclusione del processo, ma questa è stata una ipotesi risultata infondata.
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