La società Strada dei Parchi non riesce a dare garanzie economiche per assicurare i lavori di messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25 che debbono rimanere nelle mani di Anas. Così, in estrema sintesi, il Consiglio di Stato motiva l’ordinanza pubblicata ieri, la quarta di una serie destinata ad allungarsi, che serve, su un piatto d’argento, anche la vittoria del secondo round in appello alla società che fa capo allo Stato. Ma il braccio di ferro tra Sdp e Anas non è finito.
Il 20 settembre prossimo si torna davanti al Tar Lazio che, al contrario, ha già detto per due volte no alla società pubblica, riconsegnando all’imprenditore teatino Carlo Toto le chiavi delle due autostrade, prima che il Consiglio di Stato gliele riprendesse.
È un rompicapo la guerra delle concessioni autostradali abruzzesi che si è arricchito di un nuovo capitolo, ma anche quest’ultima decisione è interlocutoria. In sette pagine, i giudici Paolo Giovanni Nicolò Lotti (presidente), Valerio Perotti, Federico Di Matteo, Anna Bottiglieri e Diana Caminiti, danno un alt perentorio a Strada dei Parchi, sconfinando in modo strumentale in dinamiche e scelte aziendali che, in realtà, sono da leggersi come la conseguenza di un tira e molla non voluto da Sdp ma che sta mettendo in oggettive difficoltà la società abruzzese.
Gli stessi legali di Toto lo hanno sottolineato nei ricorsi parlando di rischio di default per la mancata approvazione del Piano economico finanziario, fermo al 2013; per le spese anticipate per lavori imponenti, come gli ultimi di un mese fa o, infine, per la rinuncia agli aumenti tariffari, vista l’inerzia dell’amministrazione.
Anche un’impresa solida che genera in Abruzzo 4 punti di Pil, può ritrovarsi in difficoltà scegliendo tutte le vie possibili – come potrebbe essere la più soft e indolore del concordato in continuità – per evitare quel default a che appare più indotto che altro.
Ma per i giudici d’appello i sacrifici di Sdp vengono interpretati come incapienza economica. È scritto chiaramente nell’ordinanza basata esclusivamente sul tema della sicurezza stradale e dell’incolumità per gli automobilisti, rinviando al Tar di settembre le altre tre questioni centrali, quella legata alla legittimità costituzionale della decreto anti-Sdp con cui il Consiglio dei ministri ha permesso di trasformare in legge un atto adottato dal direttore generale del ministero delle Infrastrutture, senza avvisare e sentire le ragioni di Strada dei Parchi; l’altro aspetto legato agli effetti economici negativi non solo sulla società autostradale ma all’intera holding di Toto; e infine il tema della “legittimità eurounitaria”, perché Sdp si aggiudicò un appalto europeo che il governo uscente ha cancellato senza porsi quest’ultima problematica.
«Deve essere data prevalenza», scrivono i giudici, «al pregiudizio alla sicurezza stradale che si è inteso scongiurare con l’adozione degli atti gravati rispetto al pur rilevante interesse economico di cui sono portatori gli imprenditori del settore». E ancora: «Le posizioni dell’amministrazione e della collettività intera sarebbero pregiudicate dalla sospensione dell’efficacia di un atto (la risoluzione della concessione autostradale vigente e il contestuale subentro di Anas spa nella gestione dell’infrastruttura), la cui adozione si è rivelata necessaria al fine di tutelare la sicurezza della circolazione autostradale». E concludono affermando che la «situazione di decozione» di Strada dei Parchi impedisce alla stessa «di assicurare la regolare prosecuzione delle attività di manutenzione ordinaria».
Ma non chiariscono, i giudici, due punti: perché Anas, a un mese dall’affidamento, non ha svolto i lavori? E di chi è la colpa se Sdp vive un momento di affanno economico? Le risposte sono rimandate al 20 settembre, quando il braccio di ferro ripartirà.